Appello a Mattarella «Questa giustizia non tutela mia figlia»

Calvario di rinvii in un processo per violenze dal marito La madre: «Ora capisco perché le donne non denunciano»

Le botte. Le minacce. La paura. Il silenzio scelto anche per non dare un dolore ai genitori. Poi, dopo nove anni, finalmente il coraggio di denunciare e l’avvio di un processo, che adesso però langue tra rinvii e cambi di giudice rischiando di far cadere su un caso di violenza sulle donne la pietra tombale della prescrizione. È questo timore, insieme al senso di impotenza dinanzi a una giustizia che arranca, ad avere indotto una madre a scrivere al presidente della Repubblica chiedendo che sia lui a fare luce su un iter processuale che vede parte civile la figlia e che al momento sta aggiungendo dolore a dolore. In due pagine di appello accorato Santa Sanfilippo spiega al Capo dello Stato che «la vera violenza noi la subiamo da un sistema che dovrebbe tutelarci ed invece non lo fa». «Oggi comprendo – aggiunge – perché le donne non denunciano e muoiono ammazzate come delle bestie. Mia figlia è una donna coraggiosa, perché in questi anni di inferno ha sempre creduto in una giustizia giusta anche per lei, chissà quanta sofferenza mi ha nascosto». Quando la figlia, Grazia Biondi, ha detto basta, si è aperto un fascicolo d’inchiesta e per l’ormai ex marito è stato disposto il rinvio a giudizio. Se sia o no colpevole dovrà stabilirlo il giudice, ma intanto per la famiglia della donna si è aperto un nuovo calvario: «Finalmente dopo vari rinvii e tensioni mia figlia è stata ascoltata dal giudice e dopo altrettante udienze non tenutesi per svariati motivi, è stato sentito mio marito quasi ottantenne (tre volte siamo andati in un aula di tribunale per sentire l’ennesimo rinvio) ed ora a metà dell’opera veniamo a conoscenza del trasferimento del giudice ad altro ufficio giudiziario, questo vorrebbe dire che si rischia di dover rifare tutto daccapo con un altro mostro da combattere che si chiama “prescrizione”, un meccanismo che la legge fornisce ai delinquenti per uscirsene puliti da tutte le loro malefatte». Se l’imputato non acconsentirà all’utilizzo delle deposizioni già rese, il cammino del dibattimento dovrà infatti ricominciare dal punto di partenza.

«La giustizia sembra essere diventata il vero nemico – si legge nella lettera inviata a Sergio Mattarella – Non c’è posto per noi persone oneste, non c’è posto per chi si affida alla legge piuttosto che a dei delinquenti, che prezzo dobbiamo ancora pagare per avere una risposta a questo grido di dolore? Posso solo dirle che in nome della verità abbiamo perso tutto, ma non posso permettere che mia figlia, nel frattempo ammalatasi di cancro, debba subire altre violenze». Quindi l’appello: «Per questo rivolgo la mia preghiera non solo alla figura istituzionale che lei rappresenta, ma anche all’uomo e al padre. Mia figlia ha perso tutto, è stata messa in ginocchio economicamente e professionalmente, ma non ha perso l’amore della sua famiglia ed è in nome di questo sentimento nobile e di tutto quanto ci sta accadendo che le chiedo fermamente di ascoltarla per far luce su un’anomala vicenda giudiziaria che, al di là delle discutibili procedure, rischia di danneggiare per sempre il bene più caro che ho».

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