Appalti per la frana, scattano le condanne 

La Corte dei conti riconosce in Appello il danno erariale compiuto dai funzionari regionali: devono restituire 102mila euro

SARNO. Quei soldi liquidati a funzionari e consulenti della Regione come componenti di commissioni per l’aggiudicazione di gare legate ai primi interventi per fronteggiare i danni provocati dalle frane che il 5 e 6 maggio del 1998 colpirono il territorio delle province di Salerno, Avellino e Caserta, non erano dovuti. Lo ha confermato in Appello la Corte dei conti, che ha condannato al risarcimento del danno (quantificato in complessivi 102.584 euro) Agostino Magliulo (23.389 euro), Vincenzo Baroni (51.292), Fernando De Angelis (23.389), oltre interessi e rivalutazione.
L’ordinanza del Ministero venne emanata dopo la dichiarazione dello stato di emergenza in alcune città campane, ed in particolare Quindici, San Felice a Cancello, Bracigliano, Sarno e Siano, gravemente danneggiate dagli eventi calamitosi che, in particolare a Sarno, provocarono oltre cento morti. Gli interventi dovevano comprendere anche le opere necessarie a prevenire il ripetersi dei rischi e danni per la popolazione e le infrastrutture, nonché le attività progettuali necessarie per avviare il riassetto idrogeologico delle aree interessate, utilizzando oltre a fondi statali, anche risorse finanziarie comunitarie, regionali e degli enti locali. Per l’espletamento dei propri compiti il commissario si avvalse degli uffici regionali e delle Amministrazioni interessate.
Con la sentenza di primo grado erano stati condannati al risarcimento del danno erariale (172.695 euro), Vincenzo Baroni, in qualità di consulente legale del commissariato di Governo per l’emergenza idrogeologica in Campania, 86.347 euro; Agostino Magliulo, coordinatore del Commissario delegato, 40,917; stessa cifra per Fernando De Angelis, in qualità di responsabile del Settore finanziario-contabile del Commissariato; e 4.513 euro Pasquale Versace, in qualità di vice commissario delegato. La condanna di primo grado si fondava in maniera particolare sugli esiti di una relazione del Servizio ispettivo di Finanza pubblica, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Tutti i condannati hanno proposto appello ma, alla fine i giudici, hanno ritenuto di ritoccare solo in parte le cifre del danno erariale contestato.
«Tutti gli appellanti – affermano i giudici - contestano la ritenuta illegittimità e dannosità delle condotte loro rispettivamente addebitate. Centrale, al riguardo, è il rilievo che, contrariamente a quanto ritenuto dagli appellanti, le ordinanze commissariali ritenute foriere di danno dalla Procura e dal Giudice territoriale non stabilivano affatto una deroga all’ordinario principio di omnicomprensività della retribuzione dei dirigenti e dei dipendenti della Struttura commissariale, poiché il compenso per le attività della stessa compiute dai dirigenti e dai dipendenti era già ampiamente contemplato» dall’ordinanza della presidenza del Consiglio dei ministri del 20 maggio 19988. «Tale norma - osservano i giudici - prevedeva un compenso mensile forfettario, rapportato allo stipendio base già percepito, per i dirigenti, come l’avvocato Barone, il quale riceveva, dunque, per l’attività straordinaria la somma di 5.130 euro mensili, da ritenersi omnicomprensive di tutte le attività commissariali; i dipendenti, comandati o distaccati da altre strutture, a loro volta, percepivano il compenso per il lavoro straordinario, ovviamente a seguito della verifica della sussistenza dei presupposti». Dunque, ad avviso dei giudici, quelle cifre liquidate non erano dovute.
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