Antiche fiere e piatti poveri nel borgo dove regna la pace

Viaggio a Stio Cilento, tra lavatoi, scalinate in pietra e cenobi medievali Per i golosi il trionfo dei sapori genuini. E spunta un museo d’arte moderna

Vecchi lavatoi, scalinate in pietra, tradizioni custodite con orgoglio e gelosia, fanno di Stio uno dei borghi più interessanti del Cilento meno battuto. Anticamente era la porta di accesso al Feudo di Magliano (di cui il nome, dal latino ostium), che rientrava sotto l’egida della Baronia di Novi, ma le sue origini, come hanno confermato alcuni ritrovamenti effettuati nel sito di Chiano Rosario, risalgono all’epoca lucana. Da vedere la chiesa parrocchiale del 1742 dedicata ai Santi Pietro e Paolo, caratterizzata da una torre campanaria su quattro ordini, gli antichi portali degli edifici che si incontrano passeggiando lungo via Roma e via Diaz e i ruderi restaurati dell’antica chiesa di San Pietro e Paolo di epoca medievale. In via della Fonte è poi possibile ammirare vecchi lavatoi che sono sopravvissuti al ridisegno urbano dei paesi cilentani e, in via Santa Sofia, l’omonima cappella del XVII secolo. Stio è inoltre il luogo ideale per chi è alla ricerca degli antichi sapori della tradizione, legati alla terra ed alle stagioni. Un piatto tipico della zona sono i “ciccimmaretati”, una zuppa di ceci, fagioli bianchi, cannellini, borlotti, lenticchie, grano, granturco, cicerchie e castagne che veniva preparata in occasione del primo maggio. E’ invece un caposaldo della tavola pasquale il “grano a lu furno”, ossia grano infornato, insieme a cavatielli rigorosamente fatti a mano e “foglie e patane”, un contorno di patate e verdure. Un patrimonio gastronomico (di cui fanno parte anche “mulegnane ’mbuttunate, ossia melenzane imbottite, zeppole e struffoli) che è diventato, grazie all’impegno profuso dall’associazione il Punto, il vessillo del borgo, ispiratore di un libro di ricette di Teresa Trotta (Piatti poveri della cucina cilentana, Galzerano editore). Chi ha la passione per i mercati di una volta, non potrà poi lasciarsi sfuggire l’appuntamento con la fiera della Croce. Fin dall’antichità, (le prime testimonianze certe risalgono alla metà del XV secolo) il prestigioso raduno commerciale si teneva sulle colline che circondano la cappella di Santa Maria. In molti documenti della cancelleria aragonese si faceva già riferimento alla manifestazione come polo di primissimo piano per il commercio della seta, ma le sue origini sono decisamente più lontane e si intrecciano al turismo religioso che si recava nel vicino cenobio che ospitava una reliquia della Croce di Cristo. Tra il Cinquecento ed il Seicento la fiera era la più rinomata del Cilento e richiamava anche le Università dell’ex baronia di Novi. Era anche quella che poteva vantare il più elevato numero di affari trattati (nel 1810 furono fatti scambi per 12.750 ducati). Ancora oggi non ha perso la sua tipicità. Oltre a curiosare tra gli stand, i visitatori possono, nei primi giorni di settembre, lasciarsi guidare lungo un itinerario particolarmente affascinante sia sotto il profilo architettonico che culturale. Le tappe prevedono un tour al Museo diffuso della civiltà contadina che custodisce una ricca varietà di oggetti legati alle antiche comunità rurali; la visita alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo ed alla cappella di Santa Sofia, la cui fondazione viene fatta risalire ai monaci basiliani; una sosta alla cappella di Santa Maria degli Angeli ed ai ruderi dell’antica chiesa dei Santi Pietro e Paolo. Chi è di bocca buona ed animato da curiosità gastronomica, in questa occasione potrà assaggiare un altro piatto tipico di Stio e soprattutto della sua fiera, la capra bollita, mentre la colonna sonora delle serate è affidata ad artisti nazionali e gruppi locali, grazie ad un impegno dell’amministrazione locale e dell’associazione che cura l’organizzazione della fiera. Gli amanti dell’arte non dovranno lasciarsi sfuggire il museo Antonio Trotta (via Adua, aperto solo su prenotazione), che conserva opere, bozzetti, fotografie, modelli a grandezza naturale, cataloghi, pubblicazioni e tesi di laurea realizzati dall’autore. L’artista ha iniziato la sua attivitá espositiva al Museo de Arte Moderna e all’Istituto Torcuato Di Tella a Buonos Aires; nel 1968 è invitato alla Biennale di Venezia a rappresentare il Padiglione argentino. La sua ricerca è sempre stata incentrata sulla problematica del rapporto fra l’arte e lo spazio e le grandi installazioni, i grandi ambienti della fine degli anni ’60 ne sono la testimonianza. Per informazioni : 0974- 990034 oppure info@comune.stio.sa.it.(b.c.)

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