Angellara, chiesta l’assoluzione per tutti

Pierro, Lanzara e Sullutrone erano stati condannati in primo grado per aver destinato la struttura a cerimonie private

L’Angellara Home, il nuovo nome che aveva preso l’ex colonia San Giuseppe di via Allende dopo la ristrutturazione, non poteva essere usata per cerimonie private. Doveva essere utilizzata esclusivamente da gruppi o associazioni cattoliche perché questa era la funzione a cui era destinata e per la quale era stato erogato il finanziamento: due milioni e mezzo di euro arrivati in diverse tranche. Per averla fatta invece diventare, con quei soldi ottenuti, un albergo a quattro stelle, gestito dalla Curia, l’arcivescovo emerito Gerardo Pierro, il cerimoniere monsignor Comincio Lanzara e il presidente della onlus “Villaggio San Giuseppe” Giovanni Sullutrone, che fu anche direttore dei lavori, nel 2012, vennero condannati in primo grado per truffa e abuso d’ufficio. Ieri, però, quando ha preso il via il processo in Corte d’Appello, il procuratore generale Renato Martuscelli, nella sua requisitoria, a pochi mesi dalla caduta in prescrizione anche dei rimanenti reati contestati ai tre, ha chiesto l’assoluzione per tutti. Il 16 febbraio e il 5 marzo sono previste le arringhe dei difensori, il 9 marzo ci sarà la sentenza. In piedi sono restati, quindi, soltanto pochi capi d’imputazione, per i quali avevano fatto ricorso sia le difese che la Procura. La sentenza di primo grado fu emessa nel luglio del 2012, con tre condanne e sette assoluzioni. Il pubblico ministero Roberto Penna presentò appello, chiedendo il riconoscimento dei reati di falso e abuso d’ufficio per funzionari comunali e progettisti e una condanna più pesante per l’arcivescovo emerito Gerardo Pierro, il suo ex cerimoniere don Comincio Lanzara e il presidente della onlus “Villaggio San Giuseppe” Giovanni Sullutrone, che fu anche direttore dei lavori. Monsignor Pierro fu condannato a dieci mesi per truffa alla Regione, l’ente che aveva finanziato i lavori di ristrutturazione e si è costituito parte civile. Per la stessa accusa fu deciso un anno di pena a don Comincio e a Giovanni Sullutrone. Assolti con formula piena gli altri imputati: l’ex economo della Curia Vincenzo Rizzo, il progettista dei lavori di ristrutturazione Nicola Sullutrone, i funzionari comunali Matteo Basile, Nicola Gentile e Charles Capraro, i progettisti Giuliana e Roberto Rago, l’architetto Pompeo Paolo Mazzucca. Si avvia alla conclusione, quindi, un procedimento costellato da tanti colpi di scena. Come ad esempio quello regalato da Pierro quando, nel suo libro, dato alle stampe quando la condanna in primo grado era già stata pronunciata, lanciò pesanti accuse all’indirizzo del sostituto procuratore Roberto Penna. Per l’arcivescovo emerito, il magistrato si era avventurato in una vicenda che, coinvolgendo il vescovo diocesano, necessitava di «un supplemento di saggezza e prudenza, oltre alla competenza professionale». Soprattutto, il pm fu tacciato di aver trascurato «il rispetto che si deve, prima di ogni altra cosa, alla dignità dell’uomo». Anatemi anche contro la stampa locale, «mai stata amica», e per una parte del clero. Poi, lo scorso maggio, fu anche l’arcivescovo Moretti a entrare in campo quando la Guardia di Finanza rese noto l’avviso a dedurre fattogli consegnare dalla Procura regionale della Corte dei Conti in merito al danno erariale di quasi 2 milioni e mezzo di euro contestato a lui e al suo predecessore. La Diocesi di Salerno affidò ad una nota il commento ufficiale stigmatizzando «l’anomalia di un comunicato stampa che ha ritenuto di informare in modo delatorio l’opinione pubblica su fatti che dovrebbero essere oggetto di segreto istruttorio e che in ogni caso violano ogni regola di riservatezza e di diritto alla difesa, prima del definitivo accertamento giudiziario». A Pierro furono dati dieci mesi per truffa alla Regione, l’ente che aveva finanziato i lavori di ristrutturazione, costituitosi poi parte civile, mentre per don Comincio e Giovanni Sullutrone la pena comminata fu decisa in un anno.

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