POLITICA

Andria: «Il Pd in mano a un potentato. Deluchiani abituati a barare»

L’ex europarlamentare lascia i dem e accusa: gestione personale del potere

SALERNO - È un addio affatto indolore. Perché la decisione di Alfonso Andria - una vita in politica e per la politica - di abbandonare il Partito democratico è uno strappo senza precedenti. L’ex europarlamentare e ex presidente della Provincia, tra i fondatori del Pd, infatti, mette per una volta da parte il suo self control e si toglie più di qualche sassolino dalle scarpe. E punta decisamente il dito accusatorio contro il presidente della Regione, Vincenzo De Luca e, soprattutto, contro il suo entourage salernitano, l’ormai famigerato “cerchio magico”. «L’ho sempre votato e fatto votare - dice riferendosi al governatore - ma sono sempre stato considerato un reprobo, un nemico che, al momento opportuno, si doveva tenere a bada. Tant’è che mi è stata sbarrata la strada su tutti i versanti, a cominciare dalle primarie del 2012 fino ad arrivare agli imbrogli del 2019, con la firma falsa di mia moglie. Gli adepti di De Luca sono abituati a barare anche quando non ce n’è bisogno...».

Lei, comunque, è sempre rimasto nel Pd, nonostante gli “sgarbi” e le storture. Perché ha preso solo ora la decisione di consegnare la tessera e di allontanarsi dal partito?

Ci sono state sempre manifestazioni curiose che hanno avallato una gestione personale del potere. Adesso questa condizione non mi sta più bene, altrimenti dovrei continuare a coprire, come ho fatto sbagliando, per troppo tempo. È stata, comunque, una scelta sofferta, figlia di questo generale disorientamento che pervade una grossa parte della pubblica opinione, che è più silenziosa. E, per un certo verso, colpevolmente lo sono stato anch’io per troppo tempo. Adesso ho deciso che non valeva più la pena tacere. Anche perché a Salerno sono stato considerato, all’interno del Pd, sempre un estraneo, in quanto c’è un potentato che fa il bello e il cattivo tempo: decide, disfa, fa regole che valgono per gli altri ma non per se stessi.

Gaetano De Stefano

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