Anche il sindaco “licenzia” il vescovo

Il Consiglio comunale boccia le nuove regole della processione

L’argomento non è all’ordine del giorno, ma i consiglieri – tutti – prima di sedere ai loro posti dietro i tavoli che occupano gran parte del Salone dei Marmi, non fanno altro che parlare di quella che è ormai diventata la “questione San Matteo”. Come se il pareggio di bilancio, il risanamento delle casse comunale e i problemi legati al governo della città, tutti in scaletta, fossero poca cosa in confronto al braccio di ferro in atto (perchè di questo si sta parlando, c’è poco da aggiungere) tra fede e tradizione, tra Curia e popolo, tra vescovo Moretti e tutti coloro, in primis i portatori, che vogliono che la processione in onore del santo patrono di Salerno sia quest’anno come è sempre stata. Almeno fino all’anno scorso, s’intende. A intervenire sull’argomento, facendo capire di non condividere affatto la posizione del numero uno della chiesa salernitana, è stato anche il sindaco Vincenzo Napoli. Ma andiamo per ordine.

A portare l’ormai nota vicenda all’attenzione del Consiglio comunale, è stato, ieri, il consigliere Antonio Cammarota che, non appena sbrigate le formalità utili all’avvio della riunione, ha presentato al sindaco Vincenzo Napoli una raccomandazione a cui il sindaco non ha potuto, per regolamento, esimersi dal rispondere.

«I fatti del 21 settembre scorso sono ancora vivi nella memoria della città lacerata ed umiliata da episodi finiti sui media nazionali – così ha esordito l’avvocato salernitano – che quest’anno le massime istituzioni si impegnino, quindi, ad evitare i guasti. Si faccia un passo indietro tutti quanti, che non è un passo nel vuoto ma nella tradizione, perchè questo è Palazzo di Città, non è casa di qualcuno. Si chiarisca prima ogni cosa, intervenga il prefetto se vorrà e se non ci sarà una soluzione prima della festa chiederò un consiglio comunale prima di San Matteo in modo da evitare ciò che è successo lo scorso anno». A dargli man forte Paky Memoli, anch’essa preoccupata che l’imminente festa patronale possa tramutarsi in un incubo, che nella sua raccomandazione, ha chiesto al sindaco di «mettere in atto tutte le operazioni di buona comunicazione per il bene dei fedeli e del popolo». Su altra posizione si è trattenuto Luciano Provenza il quale, prendendo la parola, ha affermato con fermezza: «Se il vescovo ha tradotto in provvedimento le regole dettate dalle Cei non possiamo immaginare di violare le sue predisposizioni. Se non è prevista l’entrata del busto del santo in Comune noi dobbiamo tenere le porte chiuse per manifestare la nostra non connivenza con chi non rispetta le regole». Tra i consiglieri interpellati sull’argomento l’unico a dargli ragione è stato Giuseppe Zitarosa che ha chiaramente detto che le regole della processione può definirle solo la Curia. Tutti gli altri – Di Carlo, Buonaiuto, Galdi, Criscuolo – si sono appellati, off the record, al «buon senso» e all’importanza della «mediazione» bocciando di fatto l’intransigenza dimostrata dal vescovo.

A mettere il sigillo sul dibattito aperto in aula è stato, come ci si aspettava, il sindaco Napoli che in un breve intervento, in cui non è mai stato nominato il vescovo, ha fatto capire che, a parer suo, il busto di San Matteo in Comune ci deve entrare.

«Sono laico e poco incline a lasciarmi affascinare dalla religione anche se ne rispetto l’autorità – ha detto – e mi approccio alle feste patronali con interesse etnoantropologico. Le considero un tempo sacro in cui si riconosce la comunità. L’ingresso del busto in Comune non vuole essere, quindi, nè un inchino nè un atto di reverenza che la Chiesa fa alle istituzioni civili. Ma è esattamente il contrario: è un riconoscimento che la città fa al suo santo patrono accogliendolo nella sua casa. Spero che in questa vicenda prevarranno equilibrio, intelligenza e misura».

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