«Ammetto gli errori commessi ma fatemi vedere le mie figlie»

Il caso di un padre che affronterà un processo per stalking ma che ha sempre respinto le accuse «Sono disperato, chiedo solo comprensione. Mi hanno allontanato dagli affetti che mi restano»

NOCERA SUPERIORE. «Se anche ho sbagliato, vorrei solo indietro la mia vita e rivedere le mie bambine». Sembrano le parole di un condannato a morte.

Invece, sono desideri espressi da un padre accusato di stalking dalla moglie da cui si è separato. L’uomo, 43 anni, originario del nocerino, non riesce ad avvicinarsi alla prole, nonostante lui confermi, mostrando i documenti, che la separazione con la moglie sia consensuale, con affido condiviso e diritto di vedere le figlie. Una storia come quella di tante coppie separate e una condizione sociale ed economica che di certo non aiuta.

N. C. dice di essere pentito degli errori commessi, ma la sua vita adesso è difficile. Nel febbraio 2013 fu raggiunto l’accordo con sua moglie, che chiameremo con un nome di fantasia, Roberta. Il procedimento di separazione dei due coniugi da giudiziale divenne consensuale, a condizione che vivessero separati con libertà di condurre vite autonome e l’affido condiviso.

La decisione fu che le figlie restassero a casa della madre, con diritto del padre di vederle previo avviso telefonico. Da quel momento, però, le cose non sono andate per il verso giusto.

N. C. è stato accusato di stalking dalla moglie: tre fascicoli, tutti per lo stesso reato. Il 43 enne dovrà risponderne il prossimo 14 maggio, quando inizierà il processo davanti al giudice monocratico del tribunale di Nocera Inferiore. Secondo le denunce di Roberta, le sarebbero state inflitte intimidazioni, offese e pesanti minacce.

Tuttavia N. C. ha avanzato, a sua volta, delle controdenunce per minacce. Insomma un quadro difficile da dipanare, dove i figli restano vittime incolpevoli. La rabbia di N. C. si riassume tutta nella mancanza di collaborazione dell’ex compagna.

«Ogni volta lei mi negava l’accordo, non rispondeva al telefono o se mi rispondeva creava disagi. Io avevo sempre il diritto di vedere le bambine. Ma non le vedevo in modo sistemato, venivano quasi terrorizzate. Gli dicevano «Non andare là, tuo padre è n’omm ‘e merd», (tuo padre è un uomo di merda, ndr), ma non sono riusciti a levarmi l’affido condiviso». Tra denunce e controdenunce, sono intervenuti i servizi sociali. Davanti al tribunale dei minori il 30 settembre 2013, il giudice ha confermato l’affido stabilito. «La madre disse che non c’erano problemi e mi fece capire che era anche disposta a ricongiungersi. La famiglia unita è una bella cosa, si ama solo se si ha volontà altrui».

Ma poi tutto è rimasto come prima. N. C. non vuole che alle sue bambine accada ciò che ha dovuto subire da piccolo. «Io sono figlio di genitori separati che si facevano la lotta come se fossi un pacco postale. Le bambine non c’entrano niente, devono avere dei genitori che continuano a fare il loro dovere sentimentale ed economico. Ma lei butta solo sul piano economico, mi ha usato come un bancomat vivente».

Ad agosto dell’anno scorso, N. C. ha subìto un furto. Un episodio che ha inciso ulteriormente sulla sua condizione economica. È stato costretto a recarsi presso una casa d’accoglienza di Roccapiemonte, Casa Betania, gestita da Don Ciro Galisi.

Oggi, non ha neanche la disoccupazione. «Da ottobre ad adesso non sto riuscendo a trovare lavoro. Un po’ non c’è, un po’ queste denunce mi privano della vita. Mi sono assunto tutte le mie responsabilità, mi voglio dare anche il 90 per cento della colpa, ma voglio essere lasciato in pace».

Molti tentativi di riavvicinamento non sono andati a buon fine. Come quello dell’anno scorso, in occasione del compleanno della figlia maggiore. N. C. voleva farle gli auguri.

«Ho fatto mettere dei palloncini e uno striscione». Tuttavia sarebbe stato avvicinato da sua moglie. «Me ne ha contate che me ne ha contate, “sei un porco, sei un gay” urlava». In quel periodo, a Nocera Superiore c’era anche il sospetto che tra le scuole si aggirasse un pedofilo e il diverbio violento tra i due coniugi portò ad identificare erroneamente N. C. come il ricercato dalle forze dell’ordine.

Insomma, un guaio tira l’altro. «L’ultima volta che ho chiesto l’incontro assistito era il 30 dicembre».

Incontri sempre controllati, con il terrore di vedere negli occhi dei propri figli l’espressione dell’accusa. Ora N. C. chiede solo di poter avere un po’ di tranquillità. Una storia drammaticamente simile a tente altre vissute in un contesto difficile.

©RIPRODUZIONE RISERVATA