Amianto all’Ideal Standard La Procura apre l’inchiesta

Sul tavolo del procuratore il caso dell’interramento di materiali dell’ex fabbrica Delegate ai carabinieri del Noe le prime verifiche sulle denunce degli operai

Operai esposti a rischio amianto e materiali contaminati nascosti sottoterra, in spregio alle norme sullo smaltimento dei rifiuti speciali e contro ogni logica di tutela della salute pubblica. È quello che sarebbe avvenuto nell’ex Ideal Standard, una vicenda portata allo scoperto dalle dichiarazioni degli operai e su cui si accendono ora i riflettori della Procura. Il caso è all’attenzione del procuratore capo Corrado Lembo, che ne ha affidato gli approfondimenti all’aggiunto Erminio Rinaldi coordinatore della sezione per i reati ambientali. Dal suo ufficio è partita ieri mattina una richiesta di informativa al Noe, il nucleo ambientale dei carabinieri diretto dal capitano Giuseppe Ambrosone. E presto il caso amianto, già oggetto di un processo davanti al giudice del lavoro, potrebbe avere sviluppi anche in ambito penale. A sollevarlo, dopo il decesso in un mese di due colleghi e un conto delle morti già arrivato a sessanta unità su circa 250 dipendenti, sono stati gli stessi lavoratori. Da un lato si sono rivolti agli avvocati Anna Amantea e Dante Stabile per ottenere dallo Stato il riconoscimento della loro esposizione al rischio amianto, dall’altro hanno denunciato in alcune interviste rese a “Cronache del Salernitano” di aver dovuto sotterrare nei suoli della vecchia fabbrica resti di forni, pannelli in eternit e altro materiale frutto di uno smantellamento avvenuto agli inizi del Duemila, quando l’area della vecchia azienda ceramica doveva essere destinata al Sea Park. «Abbiamo interrato gran parte dei materiali da smaltire, dovevamo preparare la struttura alla nuova proprietà» ha affermato tra gli altri Rosario Ragone. «Io lavoravo con la scavatrice – ha aggiunto Giuseppe Brunetto – buttavo tutto dentro le vasche, che poi abbiamo ricoperto con l’asfalto. Portato via il materiale buono, tutto ciò che era inutile o dannoso lo hanno fatto seppellire». Ma non c’è solo questo. Nella documentazione raccolta dai legali si testimonia un contatto con agenti tumorali già nel corso dei processi di lavorazione, ad esempio con l’utilizzo di talco sui pezzi danneggiati e l’impiego di corde in amianto per i vagoncini che conducevano ai forni. Tutti elementi su cui si aprono ora le verifiche degli inquirenti, con un’inchiesta per certi versi analoga a quella già aperta a Viterbo nel mese di giugno, dopo che le analisi affidate dall’Asl all’Università di Torino hanno rivelato la presenza di “tremolite di amianto” sui campioni di feldspati (un componente dell’impasto ceramico) provenienti dal distretto ceramico di Civita Castellana. «La materia prima utilizzata presenta le stesse caratteristiche in tutta Italia – ha spiegato l’avvocato Amantea – se c’è amianto lì, ve ne era anche all’Ideal Standard».

L’allarme non riguarda il prodotto finito, poiché i sanitari sono cotti nei forni a oltre mille gradi realizzando quel processo di vetrificazione che neutralizza il rischio. Ad essere esposti sono però gli operai che entrano in contatto con il feldspato nelle fasi precedenti alla cottura, dalla preparazione degli impianti alla colatura negli stampi. «A Viterbo – ha evidenziato il legale – l’Asl ha disposto lo stop all’utilizzo del minerale contaminato e lo smaltimento delle eventuali riserve in discariche autorizzate». A Salerno molto di quel materiale, secondo la denuncia dei lavoratori, potrebbe essere finito nel terreno.

©RIPRODUZIONE RISERVATA