«Amava la divisa più di ogni altra cosa»

Il ricordo dei suoi superiori: «È stato sempre in prima linea, è morto tra le braccia dei colleghi»

Aveva investito tutto nella sua passione per l’Esercito e per le missioni di pace. Uno di quelli con l’ossessione del servire la patria. In divisa aveva girato l’Italia e il mondo. Gennaro Di Domenico amava il suo lavoro più della sua vita. Era nell’Esercito dal 1996 ed attualmente prestava servizio con il grado di caporal maggiore capo scelto presso il 4° Reggimento Carri di Persano. Si era arruolato appena conseguito il diploma e dopo i tre anni di ferma come volontario, era passato nel servizio permanente. Ha prestato servizio a Tauriano (in provincia di Pordenone, in Friuli- Venezia Giulia) e poi a Persano. Ma ha anche partecipato a ben cinque missioni all’estero: tre in Kosovo, una in Libano e una in Iraq. «Un soldato esperto, molto preparato», così lo descrivono i suoi colleghi. A novembre sarebbe dovuto ripartire per il Kosovo, dove è attualmente impiegato il suo Reggimento, ma la malattia l’ha costretto a restare in Italia, in un letto di ospedale. Seguiva costantemente l’attività dei colleghi tramite i social network e la posta elettronica. La sua qualifica era quello di capo carrista, aveva la responsabilità dell’equipaggio di un carro armato. In missione non guardava mai l’orologio: era in servizio 24 ore su 24. Un incarico molto delicato, soprattutto in territori difficili come l’Iraq. Credeva fermamente nella sua vocazione di soldato e lo ha dimostrato anche durante le fasi di addestramento classificandosi sempre tra i primi. «Ho sempre pensato che incarnasse la nuova figura professionale del soldato italiano – spiega emozionato un suo superiore – preparato, motivato e soprattutto conscio delle proprie responsabilità e del ruolo di cui era investito». Per i colleghi «era una persona eccezionale con una determinazione incredibile e contemporaneamente era umilissimo». E forse proprio per questo, ieri mattina, Rino è morto tra le braccia dei colleghi che da alcune settimane utilizzavano le licenze settimanali per recarsi in ospedale e prestare assistenza al loro amico e ai suoi genitori. In Kosovo la notizia è arrivata solo nel primo pomeriggio di ieri. Nella base italiana di Pec è calato improvvisamente il silenzio. E domani mattina sarà celebrata dal cappellano militare una messa in suffragio all’interno della cappella della base.

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