Amalfi, il pm scagiona le banche

Chiesta l’assoluzione di tre istituti finiti sotto processo per tassi usurari

AMALFI. Si è conclusa con una richiesta di assoluzione per tutti gli imputati la requisitoria del pubblico ministero nel processo che da cinque anni vede imputati vertici e funzionari di tre istituti di credito con l’accusa di usura bancaria. Parte civile è un imprenditore di Amalfi, Ugo D’Angelo titolare della “D’Angelo Ugo Costruzioni&c sas”, a cui secondo le indagini erano stati applicati sui conti corrente tassi d’interesse che avevano superato in più occasioni il tasso fissato dalla legge come soglia massima prima che si possa configurare il reato di usura. A convincere del contrario il pubblico ministero è adesso una perizia depositata nel corso del dibattimento, secondo la quale la violazione avvenne solo in tre mensilità e per una forbice minima, molto al di sotto dell’1 per cento, per cui il reato di usura non sarebbe configurabile.

A fare da spartiacque c’è l’anno 2009, quello in cui la Banca d’Italia ha inserito nel computo complessivo del tasso d’interesse la commissione di massimo scoperto, che concorre quindi a determinare il superamento della soglia di usura. Nel caso dell’imprenditore di Amalfi la maggior parte dei rapporti bancari finiti sotto inchiesta risale però ad anni antecedenti al 2009, mentre per le poche mensilità successive il perito del tribunale non ha evidenziato sforamenti di rilievo. Da questa analisi il pm ha tratto le conclusioni di una non colpevolezza degli imputati, quarantadue tra funzionari e amministratori della Banca di Credito Cooperativo di Scafati-Cetara, della Banca Popolare della Penisola sorrentina e della Popolare di Bari. Nel 2011 il giudice dell’udienza preliminare Giovanna Lerose rinviò a giudizio sia i dipendenti delle filiali locali che avevano seguito i conti della D’Angelo Costruzioni sia i vertici nazionali degli istituti, accogliendo la tesi del pubblico ministero Vincenzo Senatore secondo cui i consigli d’amministrazione avevano tutte le competenze e gli obblighi per vigilare sul conto corrente e per evitare che i tassi salissero toccando percentuali usurarie. L’accusa era quella di usura bancaria con l’aggravante di aver esercitato il reato su un imprenditore in evidente stato di bisogno, al quale erano state anche ipotecate alcune proprietà. La sentenza sarà emessa a ottobre dalla prima sezione penale (nel collegio presieduto dal giudice Gabriella Passaro) dopo le arringhe dei difensori Agostino De Caro e Gaetano Pastore. (c.d.m.)

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