Alzata del Panno in attesa dei fuochi 

L’arcivescovo Moretti invita i fedeli alla riconciliazione. Il vice sindaco Avossa: «Polemiche estive, sarà una bella festa»

E’ ormai sera quando i fuochi d’artificio illuminano il campanile del Duomo. È l’ultima fase della cerimonia dell’Alzata del Panno, il rito antico che apre il periodo di festeggiamenti in onore di san Matteo. Così, mentre il silenzio della sera viene rotto dal boato delle luci pirotecniche, in molti hanno ripensato al caso che sta facendo discutere il mondo della politica cittadina: i fuochi del 21 settembre ci saranno, oppure no? Anche all’esterno della cripta, dove si è tenuta la Messa con i portatori delle diverse paranze prima che la reliquia del braccio del Patrono fosse portata nell’atrio del Duomo per l’Alzata, si discuteva animatamente della questione. Scambi di opinione più o meno accalorati con un nuovo elemento da considerare: dopo anni di assenza, è tornato il Gonfalone del Comune. «Che si tratti di un gesto di distensione?», si domanda speranzoso Alfonso Fiorillo, da 45 anni nella paranza di san Matteo. «La festa – chiarisce – ha anche un aspetto civile che vorremmo fosse onorato rispettato con i fuochi».
Per i componenti delle paranze, alcuni anche disposti ad auto tassarsi pur di avere lo spettacolo pirotecnico di mezza notte, la parola d’ordine, però, è una: «Rispettare il percorso deciso dalle autorità religiose e rimanere fuori dalle polemiche». Un desiderio quello dei fuochi, quindi, non una pretesa. Anche perché, come fa notare qualcuno dei componenti della paranza del patrono, «stiamo ancora risolvendo i problemi giudiziari che ci ha creato la processione di qualche anno fa. Tra De Luca e l’arcivescovo Moretti noi non ci mettiamo in mezzo». Un sentimento comune anche a molti altri cittadini, come la signora Maria Adinolfi: «È un’usanza che va rispettata. Chi amministra non può strumentalizzare la devozione dei salernitani», conclude. «È necessario che non ci sia un’eccessiva spesa di soldi pubblici, ma non c’è ragione per togliere ai salernitani una tradizione che il Santo, vuole anche lui», considera la signora Antonella De Rosa. Analoghe valutazioni quelle di Simona Giordano che ricorda come «molti salernitani che vivono fuori ritornano proprio in questa occasione e si aspettano anche i fuochi. Credo – continua – che la dimensione religiosa vada rispettata, ma quelle luci, quelle bancarelle che ora non ci sono più erano parte integrante dello spirito di una festa che è anche della città in senso civile». Così anche il signor Vincenzo Grillo: «I fuochi – afferma – sono una tradizione che fa parte di un’altra dimensione della festa, quella civile che si interseca con quella religiosa, così come Salerno si identifica con il suo Patrono. Per questo – aggiunge – i politici dovrebbero dismettere gli interessi particolari e pensare alla città. La processione – chiosa – si deve chiudere p’à botta».
Meno legati alle tradizioni i più giovani Luisa Boccia e Roberto La Rocca. «I fuochi sono un’attrazione alla quale siamo affezionati – rispondono – ma non sono il cuore della festa. Il clou è san Matteo e questo soltanto è importante». Intanto la vicesindaca Eva Avossa, bolla la querelle sui fuochi come «chiacchiericcio estivo poco produttivo» e assicura: «Faremo una bella festa sicuramente». Dal palco dell’atrio del Duomo, invece, arriva il monito dell’arcivescovo Luigi Moretti che ha invitato i fedeli alla riconciliazione, mentre il parroco della cattedrale, don Michele Pecoraro ha ricordato più volte come «il rapporto viscerale tra il Santo patrono e Salerno non deve essere mera ripetizione di riti tradizionali e vuoti. Il panno sta in cucina serve a pulire e a conservare gli alimenti ecco l’insegnamento di umiltà e di preghiera che deve rinnovarsi». Al rito religioso hanno partecipato anche il procuratore della Repubblica, Corrado Lembo; il procuratore aggiunto Luca Masini; il prefetto Salvatore Melfi, il questorePasquale Errico e i consiglieri comunali Celano, Santoro, Pessolano e Galdi.
Eleonora Tedesco
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