Alta tensione alla visita della Kyenge

Casa Pound e antifascisti si affrontano in strada. Lei invita a dialogo e rispetto: «Un cambiamento culturale c’è già stato»

SALERNO. La più pacata è lei, il ministro all’integrazione Cécile Kyenge, che scende dall’auto blu con un sorriso e parla senza mai alzare il tono. A pochi metri, di fronte all’ingresso di Palazzo della Città, due gruppuscoli politicizzati (trenta persone in tutto) si fronteggiano armati di bandiere costringendo le forze dell’ordine a un cordone antisommossa che in un paio di occasioni non basta a evitare il contatto. Il ministro viene fatta scendere nella traversa per non alimentare tensioni, sorvegliata da scorta e Digos e accolta da questore e prefetto, ma appena si ferma per le interviste il sindaco piomba sul marciapiede, avoca a sé l’ordine pubblico e urla a tutti di entrare in Comune, così che nella concitazione i vigili lasciano fuori per qualche istante persino i vertici dei carabinieri. Dentro, lontano da simulacri ideologici e isterie autoritarie, c’è la vita vera degli immigrati, che nel convegno su integrazione e diritti umani organizzato nel salone dei marmi racconteranno le loro storie e i mille volti di un’immigrazione che – sottolinea la Kyenge – ha tante sfaccettature. Mentre fuori si consumano gli ultimi strascichi di tensione e si riavvolgono le bandiere di Casa Pound e gli striscioni degli antifascisti, il ministro ribadisce nelle interviste il valore del dialogo: «È da sempre la mia linea, non ho mai chiuso la porta a nessuno. Ognuno di noi ha diritto a far sentire la propria voce, ma è importante farlo nel rispetto delle regole, delle persone e delle istituzioni. Se mancano questi presupposti il dialogo diventa un pochino più difficile». È un richiamo anche a qualche politico: «Chi fa parte di un partito, chi è un leader, chi ha una carica importante deve necessariamente rispettare la sua figura e la sua visibilità per essere un messaggio di educazione, di rispetto. Il 23 settembre abbiamo firmato la Dichiarazione di Roma, che parla della responsabilità di una persona che riveste una certa carica. Il Patto, in vigore dal 2014 fino al 2020, è stato sottoscritto da oltre 23 Paesi europei».

Rispetto, ascolto, contaminazione sono le parole chiave che usa nell’intervento conclusivo del convegno: «Integrazione è guardare alle fragilità sociali, dare a ogni persona la possibilità di dire “io ci sono”. Ho visto, in tanti settori, muoversi solo dopo le tragedie, mentre dobbiamo uscire da questo concetto di emergenza e fare politiche strutturate. Lo si può fare solo lavorando molto sulla conoscenza, partendo dalle scuole perché senza memoria siamo persi e gli errori si ripetono all’infinito. Il mio compito non è quello di dettare regole, ma di ascoltare il territorio cercando di portare avanti il più possibile le proposte sulle problematiche che emergono». Dal convegno di Salerno relatori come il consigliere regionale Gianfranco Valiante e la volontaria Lola Tonin la incorraggiano a insistere sullo ius soli, il diritto di cittadinanza per tutti i nati in Italia anche se figli di immigrati: «Saremo al suo fianco» assicura Valiante, a dispetto di qualche cartello contrario che i militanti di “Rotta di collisione” hanno alzato in fondo alla sala. E la Tonin incalza: «Apriamo il cuore, sono convinta che attraverso il cuore si possano risolvere cose che le politiche, da sole, non riescono ad affrontare». Il ministro lascia con un messaggio di ottimismo: «Vedo molte attese in me, ma il cambiamento è già iniziato in voi stessi. Mesi fa non si pronunciava la parola integrazione, si parlava del clandestino come di un delinquente, uno che non ha la possibilità di rialzarsi. Può darsi che io finisca il mio mandato senza aver cambiato nessuna legge, ma ciò non vuol dire che non ci sia stato un cambiamento culturale». Pazienza se dopo che lei è già andata via i protagonisti degli scontri mattutini continuano ad affrontarsi a colpi di note stampa, ognuno accusando la polizia di aver parteggiato per l’altro. C’è spazio anche per la coda polemica tra il sindaco De Luca (che ha rivendicato la Salerno città dell’accoglienza) e il portavoce cittadino di Fratelli d’Italia, Rosario Peduto, che gli ricorda le «ronde anti senegalesi sul Corso». Ma nel salone, dove il convegno è appena concluso, studenti salernitani e immigrati vanno via a braccetto.

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