«Alt ai caporali col collocamento agricolo» 

Botte (Cgil) lancia la proposta. Carloni, promotrice della legge contro il fenomeno: «Le norme ci sono ma nessuno le applica»

«L’estate appena trascorsa non dobbiamo dimenticarla mai. Abbiamo il dovere di ricordare le vittime di un sistema incivile che viola e svilisce la civiltà umana». Con queste parole Anna Maria Carloni, ex deputata Pd e promotrice della legge 199 del 2016, approvata durante la diciassettesima legislatura, che contrasta il fenomeno del caporalato, ha aperto il suo intervento ad Eboli per la presentazione del libro “Mafia Caporale” scritto da Leonardo Palmisano.
Pesano come un macigno i dodici ammazzati da un sistema che non funziona perché, pur fatta la legge, non esiste neanche il bisogno di trovare un inganno, se nessuno si preoccupa di farla applicare. Arrovellano le coscienze di una classe dirigente incapace di realizzare ciò che i cittadini l’hanno chiamata a fare, le morti italiane, quelle delle donne spezzate in due nei campi per un tozzo di pane. Il caporalato è un fenomeno che tocca ciascun cittadino. Non riguarda solo quei “poveri Maronna” che sotto il sole rovente assicurano frutta e verdura sulle nostre tavole. Il caporalato riguarda tutti. Il caporalato è mafia e quella, si sa, s’intitola nelle fondamenta della società, la infetta fino a farne crollare il pilastro più importante: l’umanità.
«Ho lavorato molto su questa legge - ha spiegato l’onorevole Carloni -. Ho raccolto le esperienze dei sindacati nel Mezzogiorno, ma i fatti accaduti a Prato, nel 2017, ci fanno capire che il fenomeno non è circoscrivibile alle regioni meridionali. Le azioni di contrasto al fenomeno sono dovute dalle Istituzioni. Si tratta di una battaglia politica e culturale. È a tutti gli effetti un nuovo modello di schiavitù. Questi lavoratori non sono più riconosciuti come esseri umani. Prima non avevamo una legge e una definizione appropriata del reato. Ora la legge c’è, ma nessuno si preoccupa di farla applicare. Bisogna incrementare, con l’aiuto delle Prefetture, i controlli e potenziare il numero degli ispettori. È necessaria una cabina di regia istituzionale che monitorizzi gli illeciti e li faccia saltare fuori. Non è possibile che si muoia su un pullman. Non è possibile recarsi al lavoro ammassati come bestie. Per questa ragione il trasporto, secondo la legge, è a carico dei datori di lavoro e ricordo che questi, in caso di illeciti, rischiano grosso, praticamente al pari dei caporali. Indispensabile è potenziare il trasporto su ferro e creare delle linee pubbliche per i lavoratori. E c’è da formare una rete di imprese di qualità che sottoscrivano e garantiscano il rispetto delle leggi e tutelino la dignità di ogni lavoratore».
Nel merito specifico del caporalato nella Piana del Sele, è invece sceso Anselmo Botte, della Cgil Salerno: «Contrastare il caporalato non è solo un obiettivo dei sindacati, è una questione che riguarda tutti. La cosa sconvolgente è che se domani mattina non ci fossero i caporali la Piana sarebbe bloccata, perché sono loro che smistano forza lavoro dalla sera alla mattina. Allora bisognerebbe costituire un collocamento dedicato all’agricoltura. Ci abbiamo provato, ma fino ad ora pochi o nessuno ha aderito. Proveremo ancora».
Laura Naimoli
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