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Allevatori strozzati da prezzi e banche

In pochi anni scomparse oltre 70 aziende tra Sele, Tanagro e Alburni Scende il valore del latte e aumentano i debiti: nuova stangata da marzo

Alzarsi tutti i giorni alle 4.30 del mattino per andare lavorare in stalla sacrificando gli affetti più cari: è questa la dura vita dell'allevatore. Pulire la stalla, sistemare il fieno, dar da mangiare agli animali e mungerli. Angelo, Attilio, Carmine, Marcello e Mario sono cinque degli allevatori dell'area Alto Sele-Tanagro e Monti Alburni, le loro mani così come il loro volto, portano i segni del duro lavoro nei campi e nelle stalle, «perché - spiegano- fare l'allevatore non è un mestiere per tutti».

Mettere da parte la propria vita affettiva e le ambizioni legate ad una laurea conseguita presso una prestigiosa università italiana per portare avanti un lavoro tramandato di generazione in generazione: un atto di coraggio dettato molto spesso dalle esigenze economiche dovute alla mancanza di lavoro. Circa 44 centesimi di euro per ogni litro di latte di mucca prodotto: è questo il prezzo pagato agli allevatori italiani e salernitani; prezzo, che da marzo, sarà soggetto ad ulteriori ribassi. Latte di mucca di alta qualità prodotto negli allevamenti degli Alburni, della Valle del Sele e del Tanagro e che ogni giorno, arriva fresco sulle nostre tavole, pagato pochi centesimi dalle industrie di trasformazione lattiero-casearie e rivenduto al consumatore nei supermercati salernitani a circa 1,40 euro al litro, a cui si aggiungono i prodotti quali mozzarelle, ricotta fresca, caciocavallo e formaggi vari. E se gli introiti derivanti dalla vendita del latte di vacca non bastano, i costi giornalieri sostenuti dagli allevatori, si triplicano. Dal 2009 le aziende sono diminuite vertiginosamente. Nell'area Alto Sele, Tanagro e Alburni infatti, «si è passati da oltre 100 allevamenti di vacche da latte presenti sul territorio, alle attuali 30 aziende operative», spiegano gli allevatori. Una crisi economica che ha innescato meccanismi speculativi, con gli imprenditori costretti ad indebitarsi con le banche a causa dei costi sostenuti che superano i guadagni.

A questo si aggiunge la particolare conformazione morfologica dei terreni nell'area Alto Sele-Tanagro e Alburni, situati in zone montuose e poco produttive. E l'ulteriore riduzione del prezzo del latte scatena la protesta degli operatori: «Ogni allevamento dell'area Alto Sele, Tanagro e Alburni, ha circa 100 bovini da latte - chiariscono- Il latte prodotto nelle nostre aziende viene acquistato dalla Centrale di Salerno e dai caseifici. Ogni mucca infatti, produce mediamente circa 25 litri di latte al giorno. Ogni litro di latte, fino a dicembre 2014, veniva pagato a 46 centesimi, da gennaio però, il prezzo del latte si è abbassato fino a raggiungere i 44 centesimi di euro». «Produciamo latte fresco e di ottima qualità secondo gli standard di legge - spiegano- Ma la mazzata al settore lattiero caseario l'ha data l'arrivo in Italia, dall'Europa dell'Est, di latte di ogni genere, acquistato a poco prezzo, senza la possibilità di informazioni per il consumatore, sulla tracciabilità del prodotto». Una situazione con effetti catastrofici dunque, che si ripercuote sull'intero indotto del settore: «Gli allevatori più forti economicamente si stanno indebitando con le banche per tenere in vita i propri allevamenti. Ogni mese - spiegano- decine di aziende chiudono per fallimento».

E lanciano un appello alle istituzioni: «Chiediamo maggiore attenzione per il nostro prodotto, magari attraverso l'istituzione un'etichettatura che certifichi la zona di provenienza e l'azienda. Stiamo pensando inoltre, alla creazione di un marchio Dop che tuteli il nostro latte», spiegano gli allevatori. E sulle associazioni di categoria dicono: «Siamo delusi da coloro che ci rappresentano. Cia, Coldiretti e Confagricoltura, devono difendere gli allevatori e lottare con i denti affinché nessun allevamento di mucche da latte nel Salernitano, chiuda i battenti definitivamente»