la storia

Alida, da ribelle a operatrice del Girasole

A 7 anni viene accolta dall’associazione di Salerno perché la mamma è tossicodipendente. Oggi, dopo vent’anni, è lei a prendersi cura degli altri ragazzi in difficoltà

SALERNO. Capello sbarazzino come oggi va di moda tra i più giovani, un sorriso splendente, indosso dei jeans, una t-shirt e un giubbino. Questa sembrerebbe essere la descrizione di una ragazza normalissima, di quante se ne possono incontrare per strada. Ma quello che colpisce di Alida, questo è però solo un nome di fantasia, sono gli occhi: di un profondo color cioccolato che oggi si ritrovano a brillare ma che scavando a fondo sono gli occhi di una ragazza che non ha potuto vivere un’infanzia come quella di tutti gli altri suoi coetanei. Anche se per lei, il destino, ha riservato uno splendido epilogo. E anche il nome scelto, Alida, non è un caso: perché deriva dal tedesco e vuol dire guerriera.

Il coraggio, lei, l’ha dovuto tirare fuori già a sette anni quando, tramite una segnalazione dei servizi sociali, è arrivata presso l’associazione “Il girasole” di via Pietro del Pezzo. «Era il 1997 – racconta – e ricordo che io e mia sorella siamo state portate lì dal momento che la situazione nella nostra famiglia era particolare». Genitori divorziati, padre completamente assente e una madre alle prese con problemi di droga anche se più volte aveva provato a smettere. «Ricordo che in quel periodo – continua – mia mamma non riusciva a trasmetterci quelle cure e quelle attenzioni di cui necessita qualsiasi bambino di quell’età. Ed è stata proprio lei a rivolgersi ai servizi sociali consapevole che non fosse in grado da sola di accudirci». La voce si interrompe per un attimo, e Alida perde quella sicurezza ostentata fin dall’inizio ed è come se riaffiorasse quella bambina di un tempo, fragile e piena di insicurezza.

«Spesso, per il mio temperamento forse fin troppo esuberante, ero costretta a pulire le scale dell’associazione» commenta sorridente ripensando a quando nell’età dell’adolescenza non era proprio la donna calma e paziente di oggi. «All’interno dell’associazione – prosegue – abbiamo fatto un percorso sia insieme a mia mamma che a mia sorella. Venivamo sempre coinvolti all’interno di tutte le attività». Nonostante alcune vicissitudini Alida, però, completa gli studi arrivando anche al conseguimento del diploma: «Non ho fatto l’esame in una scuola pubblica – precisa – ma l’ho preso da privatista».

L’associazione “Il girasole” e gli operatori che ci lavorano all’interno sono diventati, a tutti gli effetti, la seconda famiglia di Alida e di sua sorella: «Da semplice utente – confessa – adesso, a ventisette anni, sono diventata anch’io un’operatrice». E aggiunge: «All'inizio mi sono occupata del nido, adesso invece lavoro all’interno di un centro polifunzionale per giovani dai quattordici ai diciotto anni». Alida è stata fortemente voluta in questo centro, come racconta anche lei, dal momento che poteva essere più vicina ai ragazzi del territorio. «Oggi, paradossalmente – racconta in un mix di imbarazzo e gioia – da ragazza indisciplinata quale ero, sono io che devo riprendere quei ragazzi che non sempre rispettano le regole che vigono all’interno del centro». La storia di Alida porta con sè un messaggio, non solo legato alla speranza ma anche al reale e possibile cambiamento, un messaggio di speranza che dalle brutte esperienze può nascere un qualcosa di buono e costruttivo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA