Alfieri a processo per le case ai Marotta

Il sindaco e tre funzionari rinviati a giudizio per aver lasciato al gruppo degli “zingari” tre appartamenti confiscati

AGROPOLI. Franco Alfieri va a processo. Il giudice dell’udienza preliminare Massimiliano De Simone ha firmato per il sindaco e tre funzionari comunali il decreto di rinvio a giudizio con le accuse di omissione in atti d’ufficio e sottrazione di beni alla loro destinazione. Avrebbero chiuso un occhio sulle case confiscate ai Marotta, che lo Stato aveva assegnato al Comune di Agropoli e che l’amministrazione lasciò invece nella disponibilità dei vecchi proprietari. Secondo gli inquirenti non fu una dimenticanza, ma una scelta precisa per ingraziarsi quello che già altri procedimenti penali definiscono il “clan familiare” degli “zingari”, detentore di un ampio bacino di voti.

Oltre ad Alfieri vanno a giudizio i funzionari municipali Marialuisa Amatucci, Biagio Motta (succedutisi nel ruolo di dirigenti dell’area Patrimonio) e Agostino Sica, in veste di dirigente responsabile del servizio manutentivo. Secondo l’ipotesi accusatoria avrebbero tutti tralasciato di adempiere ai propri doveri «allo scopo di favorire gli originari proprietari», che quegli alloggi «continuavano indebitamente a occuparli e a fruirne indisturbati». Si tratta di tre appartamenti confiscati a Fiore Marotta, Alberico Dolce e Silvana Marotta. Era il 5 dicembre del 2008 quando il Comune di Agropoli li ebbe in assegnazione dall’Agenzia del Demanio, gli occupanti erano già stati sgomberati e all’Amministrazione restava da registrare i cespiti nel suo patrimonio indisponibile e destinarli a una funzione di utilità pubblica, vigilando che non vi fossero occupazioni abusive. Per la Procura niente di tutto questo è accaduto. Quando i finanzieri del Gico andarono a eseguire un nuovo provvedimento di sequestro si scoprì che il vecchio era divenuto di fatto carta straccia, perché il Comune non aveva mai utilizzato gli immobili. Di più: su uno di quegli appartamenti era perfino stato concesso un condono. Il caso finì sulla scrivania della Direzione distrettuale antimafia, che sui Marotta aveva già in corso altre inchieste e che nel febbraio 2013 emise per Alfieri e due funzionari i primi avvisi di garanzia. Un anno dopo la Dda ha però recepito le indicazioni del Tribunale per le misure di prevenzione – secondo cui il gruppo criminale dei Marotta è sí un clan familiare ma senza connotazione camorristica – e ha trasferito gli atti alla Procura di Vallo della Lucania. Che adesso ha ottenuto il rinvio a giudizio. Si andrà in aula a luglio, quando i difensori (Antonio Zecca, Domenicantonio D’Alessandro, Alberto Surmonte e Domenico Amatucci) porteranno al tribunale le loro tesi difensive.

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