Alcatel taglia commesse, Btp in difficoltà

A rischio l’assunzione degli interinali nello stabilimento cittadino. Vertice a Roma col sindaco

Dopo aver posto in cassa integrazione un terzo dei lavoratori del centro di ricerca e sviluppo del sito di Battipaglia, l’Alcatel Lucent rischia di mettere in crisi anche la Btp Tecno, azienda che proprio dalla multinazionale francese ha ereditato lo stabilimento di via Bosco Primo nel 2010. Venerdì, a Roma, si è tenuto al Ministero dello Sviluppo Economico un incontro tra i vertici di Btp Tecno e Alcatel Lucent Italia. Sul tavolo la sollecitazione di Btp ad Alcatel a presentare un piano che garantisse i volumi di produzione previsti dagli accordi siglati nel giugno 2010. In pratica, Alcatel non starebbe rispettando gli accordi previsti due anni e mezzo fa in termini economici, con una riduzione sensibile delle commesse, passate da una media di 7 milioni di euro al mese agli attuali 2 milioni.

La conflittualità venutasi a creare rischia di mettere in pericolo l’assunzione degli interinali da parte della Btp, prevista nei mesi scorsi tramite il metodo dello “staff leasing”. La Btp è già stata costretta a non rinnovare l’accordo con 30 interinali a causa della riduzione delle commesse. Una eventuale crisi aziendale della Btp creerebbe ulteriori tensioni sul territorio cittadino «che già risente della crisi economica - ha detto il sindaco Santomauro - per cui mi sto attivando per chiedere un tavolo con il ministro Passera, Btp Tecno, Alcatel e le organizzazioni sindacali. Si auspica che per l’Alcatel partecipino i vertici e non rappresentanti». Maurizio Luvizone, direttore generale del gruppo Ipa Industries di cui fa parte la Btp Tecno, è preoccupato: «Rispetto agli accordi del 2010 c’è stato un drastico ridimensionamento dei volumi di lavorazione Alcatel – dice – Abbiamo perso in due anni e mezzo circa 100mila ore all’anno ed oltre 300mila totali. Alcatel ha disatteso gli accordi e per tale ragione abbiamo chiesto conto alla multinazionale». L’azienda francese avrebbe preso qualche giorno per presentare una nuova proposta. «Noi temiamo – continua Luvizone – che il nuovo piano possa essere peggiorativo e ciò genererebbe una riduzione del fatturato, che non consentirebbe la gestione ordinaria dell’occupazione».