Al setaccio il patrimonio del monsignore

Milioni di euro tra proprietà e contanti. Per l’operazione degli assegni indagata la commercialista Tiziana Cascone

Ci sarebbe molto di più, dei 560mila euro di donazioni fittizie, nell’inchiesta in corso sui conti di monsignor Nunzio Scarano. Sotto i riflettori della Procura è finito un patrimonio di milioni di euro, fatto di appartamenti prestigiosi, opere d’arte preziose e molto denaro contante. Su conti correnti, atti di compravendita e movimenti bancari sta indagando il nucleo tributario della Guardia di Finanza, coordinato dal colonnello Antonello Mancazzo, e non è escluso che il capo d’imputazione possa essere integrato prima dell’avviso di conclusione indagini. Per adesso la contestazione formalizzata al prelato riguarda lo scambio tra soldi e assegni avvenuto nel dicembre del 2009, quando chiese a 56 salernitani (tutti indagati) di firmare titoli da 10mila euro con cui avrebbe estinto l’ipoteca su un suo appartamento dato in garanzia per una immobiliare di cui era socio insieme a un cugino. A ognuno, però, quell’assegno fu rimborsato secondo l’accusa per l’intero valore, con denaro contante. Per questo il sostituto procuratore Elena Guarino sospetta che i soldi avessero una provenienza illecita e ha formulato per tutti un’accusa di riciclaggio. Secondo il magistrato l’operazione serviva a celare la provenienza del contante, “trasformandolo” in assegni circolari con i quali si simulavano donazioni in realtà inesistenti. Ieri monsignor Scarano si è difeso dalle colonne de “la Città” attribuendo alla sua commercialista la responsabilità dell’operazione. «Avrei potuto fare quel versamento alla luce del sole, perché non avevo niente da nascondere – ha dichiarato l’ecclesiastico – ma sono stato consigliato malissimo».

Anche la professionista, Tiziana Cascone, è finita sul registro degli indagati. Con loro, che secondo gli inquirenti sarebbero gli organizzatori dell’illecito, sono sotto inchiesta tutti i firmatari degli assegni. Imprenditori, professionisti, noti commercianti, talora intere famiglie che senza battere ciglio hanno staccato dai loro libretti titoli da diecimila euro. Nella lista degli indagati si troverebbero infatti padri e figli, mariti e mogli, zii e nipoti. «Persone amiche» le ha definite il monsignore. Che lo avrebbero aiutato a chiudere una diatriba familiare nata sulla immobiliare “Nuova Luce”, di cui era socio con il cugino Domenico e una terza persona. Era per garantire un mutuo contratto da questa società che aveva ipotecato il suo appartamento nel centro storico, nelle vicinanze del Duomo. Poi i rapporti si erano sfilacciati e aveva deciso di ritirare le suo quote, estinguendo i 560mila euro di ipoteca. Sulla vicenda pende tra gli ex soci una causa civile davanti al Tribunale delle imprese di Napoli, per la ripartizione delle quote. Ma quando a dicembre monsignor Scarano subì un furto in casa, i sospetti furono indirizzati sui due ex soci, poi prosciolti. Furono le indagini difensive del loro avvocato Cecchino Cacciatore, ad alzare il velo sull’ingente patrimonio del prelato. Ora, assistito dall’avvocato Silverio Sica, deve difendersi dall’accusa di riciclaggio, ma l’inchiesta guarda pure ai suoi rapporti con l’Apsa, l’Amministrazione del patrimonio della Santa Sede in cui Scarano siede con la qualifica di addetto e dalla quale è stato sospeso proprio in seguito all’indagine salernitana. Al momento non ricopre più neanche il ruolo di assistente spirituale dell’associazione “Cattolici in movimento”, alle cui iniziative ha partecipato fino alla metà del 2011.

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