Agropoli, la Procura accusa Alfieri

Conclusa l’inchiesta sugli appartamenti sequestrati ma lasciati nelle mani dei Marotta

AGROPOLI. Il primo avviso di garanzia, per le case confiscate ai Marotta ma lasciate nelle loro mani, era arrivato al sindaco Franco Alfieri tre anni fa. Ora, dopo un rimpallo di competenze con Salerno, la Procura di Vallo della Lucania ha chiuso l’inchiesta confermando le accuse e spianando la strada a una richiesta di rinvio a giudizio. La notifica della conclusione delle indagini firmata dal procuratore Giancarlo Grippo è giunta nei giorni scorsi ad Alfieri e a tre funzionari comunali: Biagio Motta, Luisa Amatucci e Agostino Sica, quest’ultimo rimasto finora estraneo all’inchiesta penale. L’ipotesi seguita nelle indagini è che il sindaco abbia chiuso un occhio, consentendo ai cosiddetti “zingari” di Vito Marotta di restare negli appartamenti confiscati per ottenere in cambio il sostegno della numerosa comunità rom di Agropoli. Quando i finanzieri del Gico andarono a eseguire un nuovo provvedimento di sequestro si scoprì che il vecchio era divenuto di fatto carta straccia, perché l’Amministrazione comunale non aveva mai utilizzato i tre immobili che pure gli erano stati destinati dall’Agenzia nazionale per i beni confiscati. Su uno di quegli immobili, viziato da irregolarità edilizie, era perfino stato concesso un condono.

Il caso finì sulla scrivania della Direzione distrettuale antimafia, che sui Marotta aveva già in corso altre inchieste e che nel febbraio 2013 emise per Alfieri e due funzionari i primi avvisi. Nel gennaio 2014 la Dda ha però recepito le indicazioni del Tribunale per le misure di prevenzione – secondo cui il gruppo criminale dei Marotta è sí un clan familiare, ma senza connotazione camorristica – e ha dichiarato la propria incompetenza trasferendo gli atti alla Procura di Vallo, che adesso ha chiuso il cerchio.