Aggressione col taglierino L’accusa è tentato omicidio 

I due fratelli che hanno accoltellato un ragazzo si sono presentati dai carabinieri Denunciati a piede libero, la loro posizione si è aggravata dopo la ricostruzione

Rispondono dell’accusa formale di tentato omicidio in concorso i due fratelli E. C. e G. C., responsabili dell’accoltellamento di lunedì sera a Piazza Sant’Alfonso ai danni di L. P., ferito a una gamba con un taglierino. I due fratelli si sono presentati martedì alla tenenza dei carabinieri di Pagani per l’identificazione, scongiurando il pericolo di fuga e poi consegnando l’arma adoperata per il tentato delitto. Allo stato i due indagati, entrambi noti alle forze dell’ordine, sono stati identificati e denunciati a piede libero con le accuse passate da lesioni aggravate in concorso a tentato omicidio, con uso di arma bianca.
La vittima - L. P. - era stata colpita alla gamba con interessamento dell’arteria femorale, le sue condizioni, inizialmente molto gravi, sono migliorate dopo il tempestivo intervento chirurgico al quale è stato sottoposto nella notte all’ospedale “Cardarelli” di Napoli.
Il tentato omicidio si inserisce in una complicata storia di presunti torti, di debiti non pagati ed è stato preceduto da un pestaggio di gruppo. Tutto è nato qualche giorno fa per un piccolo debito contratto da L.P., il ferito alla gamba, che non aveva pagato il tatuatore per un tatuaggio. Il pagamento di quanto dovuto era stato richiesto da E. C., uno degli accoltellatori, al padre di L. P., cosa che quest’ultimo aveva gradito poco. Così che, dopo aver incontrato casualmente insieme agli amici E. C. nella zona del cinema a Via Marconi, aveva prima cominciato a provocarlo pesantemente, perché indispettito dal suo comportamento. «Come ti sei permesso», aveva intimato al rivale invocando rispetto. In pochi istanti la situazione era degenerata e il gruppo si era scagliato contro E. C. Un “tutti contro uno” nel quale quest’ultimo aveva avuto naturalmente la peggio: dolorante e pieno di ematomi riportati aveva chiesto giustizia chiamando il fratello, G. C., per chiudere il conto con l’aggressore. Di quine è nata una perlustrazione della città durata per gran parte della notte, sulle tracce di L. P. Quando i due lo hanno trovato in piazza Sant’Alfonso, si sono scagliati contro di lui riempiendolo di botte e poi ferendolo alla gamba con il taglierino, una sorta di “firma” al loro gesto, anche come segno di “soddisfazione”.
Da violenza a violenza, la vicenda spiega bene il circolo vizioso arrotato su sé stesso, partito da una sciocchezza per giungere a questioni di vita o di morte, vendetta, onore e sangue. Roba di altri tempi, con la faccia da lavare pubblicamente e il classico dente per dente. E un temperino, forse neanche un coltello vero e proprio, usato per un taglio deciso, una ferita quasi fatale, con la morte e il carcere appena dietro l’angolo in un “tranquillo lunedì paganese”.
Alfonso T. Guerritore
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