la sentenza d’appello 

Aggredì un cancelliere in tribunale, sconto di pena

Ha ottenuto uno sconto in appello il quarantacinquenne Pino Annunziata, accusato di aver aggredito un cancelliere della sezione fallimentare del Tribunale: la condanna è passata a sei mesi di...

Ha ottenuto uno sconto in appello il quarantacinquenne Pino Annunziata, accusato di aver aggredito un cancelliere della sezione fallimentare del Tribunale: la condanna è passata a sei mesi di reclusione rispetto alla condanna a un anno e mezzo in primo grado. Il primo processo si era chiuso con la scelta del rito abbreviato e Annunziata, assistito dall’avvocato Giuseppe Buongiorno, aveva beneficiato di un primo sconto per la scelta della formula.
L’uomo si recò in due diverse circostanze negli uffici del Tribunale fallimentare, per trovare un giudice della sezione lavoro: la prima è quella punita dall’attuale processo. Alla seconda occasione violò una misura di prevenzione che gli valse i domiciliari per non aver rispettato l’obbligo di dimora a Pagani: il secondo episodio, che vede coinvolto un magistrato finito nel mirino, sarà trattato dal Tribunale di Napoli.
Nella prima occasione, quella punita dall’attuale sentenza, Annunziata prese a pugni un cancelliere e mise a soqquadro gli uffici. Era l’ottobre 2016 scorso quando l’uomo fece irruzione nella cittadella giudiziaria in via Falcone a Nocera Inferiore, con il successivo raid nei primi mesi del 2017. Il suo scopo era di trovare il fantomatico giudice della sezione fallimentare, che secondo lui gli aveva procurato guai ingiustificati, con un procedimento nei riguardi di un parente che lo aveva messo alle strette dal punto di vista economico.
L’assenza di presidio gli lasciò campo libero, così che l’uomo arrivò negli uffici chiedendo dove fosse il giudice. Nel primo caso la polizia fu chiamata sul posto, con il successivo obbligo di dimora emesso a carico dell’uomo: nel secondo caso, le forze dell’ordine arrivarono soltanto dopo che Annunziata era stato accompagnato all’uscita e tranquillizzato.
Alfonso T. Guerritore
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