Accordo con i privati per il salvataggio del castello Fienga

Il Comune pensa a una partnership e lancia una proposta ma la titolarità rimarrebbe comunque in mano pubblica

La caserma Tofano è stata sistemata. Alla fine, tra chi ne voleva fare sede universitaria e chi una piazza o una villa comunale, ha vinto lo Stato affidandola al Ministero dei beni culturali.

Non è ancora chiaro quando, ma è certo che nel futuro del “Gran quartiere” ci sarà un centro polifunzionale – aree deposito, laboratorio di restauro e sale espositive – in cui confluiranno i reperti delle passate e delle future campagne di scavo.

In Sovrintendenza non parlano apertamente di museo, ma di struttura aperta a ricercatori, studiosi e gruppi di esperti. Seppur in maniera non onerosa, il Comune vuole comunque fare la sua parte. Ieri mattina il sindaco Manlio Torquato ha parlato con il soprintendente di Pompei Massimo Osanna e con la segreteria del ministro Dario Franceschini, chiedendo ad entrambi un incontro. Ora occorre occuparsi del castello Fienga. Qui nessun dicastero romano lo prenderà in carico.

Anche se, ironicamente, il presidente della Pro Loco Gino D’Angelo dice: «Come sta la situazione, solo il Ministero può intervenire per salvarlo. Solo il cortile è agibile. Il resto è nel totale oblio. Non può rimanere così. È una struttura che raccoglie secoli di storia, non può restare abbandonato». Tra le associazioni e la politica c’è unanimità.

La struttura va riqualificata e riconsegnata alla città. «Abbiamo diverse idee – dichiara Gianfranco Trotta, consigliere delegato a seguire le sorti del Fienga – e nel piano triennale delle opere pubbliche abbiamo stanziato dei fondi per la sistemazione. La nostra idea è quella di rimettere tutto apposto e restituirlo alla città dal punto di vista archeologico e agronomico. I primi passi riguarderanno l’adeguamento della sala conferenze e del cortile».

Dopo un lungo periodo da protagonista, da quasi un decennio il maniero è vittima di un inesorabile destino. A segnare questo tempo l’attimo in cui si pensò di riqualificarlo, con tanto di progetto firmato dall’archistar Eduardo Souto de Mura. Una stagione eclissatasi da tempo. Ora bisogna rimettere insieme i cocci.

Lo stanno facendo i volontari dell’associazione “Ridiamo vita al castello”, che ha deciso di partire dal basso: «Siamo concentrati sulla pulizia delle aree circostanti il castello – afferma il presidente Giuseppe Gambardella –, consapevoli dell’importanza che riveste questa struttura dal punto di vista storico e architettonico». Sia Pro Loco che Ridiamo vita al castello si battono anche perché il tutto resti pubblico. «Il castello deve restare bene comune – aggiunge Gambardella –. Nulla va escluso, ma ci sono tanti modi per metterlo a reddito e non va dimenticato che è il simbolo della città. Fa parte del nostro patrimonio».

È della stessa opinione D’Angelo: «Il castello non deve andare ai privati. Sarebbe deleterio. Deve essere un centro culturale al servizio della provincia». Ci pensa Trotta a tranquillizzare la collettività: «La titolarità del castello resterà nelle mani del Comune. Siamo i primi a dire no ai privati». A Palazzo di Città si sta pensando al regolamento di gestione che resterà, dunque, in capo al Comune, seppur sono previste partnership private.

Salvatore D’Angelo

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