la lite al Rione “la mennola”

Accoltellò un coetaneo Sconterà 7 anni e mezzo

È stato condannato a una pena di 7 anni e mezzo Ermile Gagnidze, il 39enne georgiano che la sera del 16 novembre 2013 accoltellò all’addome il salernitano Salvatore C. al rione La Mennola. Il...

È stato condannato a una pena di 7 anni e mezzo Ermile Gagnidze, il 39enne georgiano che la sera del 16 novembre 2013 accoltellò all’addome il salernitano Salvatore C. al rione La Mennola. Il tribunale (presidente Massimo Palumbo) ha accolto la ricostruzione del pubblico ministero Elena Guarino e condannato l’imputato per tentato omicidio.

L’episodio avvenne poco dopo le 21 in via De Caro. Furono gli amici di Salvatore a spiegare agli inquirenti quello che era accaduto e a consentire l’arresto di Gagnidze. Raccontarono che il 37enne salernitano aveva avvicinato lo straniero per il sospetto che facesse parte di una banda di ladri d’appartamento. Ne sarebbe nato prima un litigio e poi una colluttazione, nel corso della quale il georgiano aveva tirato fuori dal giubbino un coltello a serramanico conficcandolo per due volte nella pancia del salernitano. Solo allora, secondo la versione fornita dai testimoni ai poliziotti delle Volanti, Salvatore C. aveva afferrato il bastone che Gagnidze portava con sé per aiutarsi nella deambulazione e aveva cercato di raggiungerlo mentre lui si dava alla fuga. Ha dovuto desistere dall’ inseguimento quando si è accasciato al suolo per le conseguenze delle ferite all’addome, mentre le persone che avevano assistito alla scena telefonavano al 118 per fare arrivare i soccorsi.

I poliziotti seguirono le tracce di sangue e rintracciarono Ermile Gagnidze nell’androne di un palazzo poco distante. Lui raccontò una versione diversa, dicendo che tutto era cominciato per uno sguardo di troppo e che Salvatore C. gli aveva subito tolto il bastone colpendolo alla testa. «Ho tirato fuori il coltello per difendermi – disse nel corso dell’interrgatorio – l’ho minacciato ma ho capito che non si sarebbe fermato. Allora l’ho ferito e sono scappato, mentre lui mi inseguiva con in mano il bastone». Una ricostruzione su cui il difensore Vincenzo Faiella puntava per ottenere la dequalificazione del reato da tentato omicidio a eccesso di difesa, con l’ausilio di una consulenza medica sulle ferite riportate dall’imputato. I giudici però non gli hanno creduto, e la questione sarà riproposta con il ricorso in appello. (c.d.m.)

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