L'INTERVENTO

Abuso d’ufficio, la riforma necessaria

Ma ha bisogno di un tagliando di verifica anche la famigerata legge “Severino”

È stato riformato il famigerato reato di abuso in atti di ufficio. Spauracchio di ogni pubblico amministratore; strumento micidiale di chi scambia la politica con la denuncia, anelando il mutamento del corso del consenso popolare. La riforma è contenuta nell’ultimo Decreto Semplificazioni, che ha ad oggetto la velocizzazione dei procedimenti amministrativi e l’alleggerimento burocratico. Sul versante delle responsabilità degli amministratoti pubblici, si limita di molto sia quella erariale che quella penale. L’azione di responsabilità per danno erariale adesso è esclusivamente personale e limitata strettamente ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali, tanto che per la stessa prova del dolo si richiede con rigore la dimostrazione dell’evento dannoso. Quel che più interessa è la modifica di rilievo penale.

La storia dell’abuso in atti di ufficio è tormentata. Il reato ha assolto, infatti, alla funzione impropria di generale repressione dell’agire dei pubblici amministratori e, grazie alla sua genericità, è trasmodata in perniciosa panpenalizzazione, meglio nota oramai con la cosiddetta paura della firma. Infatti, lo scopo della riforma è proprio quello di rasserenare funzionari e amministratori pubblici e far ripartire il Paese. E così l’abuso in atti di ufficio, spesso usato come apriscatole per avviare procedimenti per indagini volte a controllare l’operato dei pubblici amministratori, cambia pelle. È esclusa la rilevanza dei regolamenti: atti interni alle singole amministrazioni ove legittimamente sono presenti libere scelte con cui modulare il governo di un ente, attribuendo, viceversa, rilievo penale solo a specifiche (finalmente!) condotte che abbiano violato atti aventi forza di legge e dunque dalle quali non residuino margini di discrezionalità. Non è qui il caso ovviamente di scendere nei dettagli tecnici. Ciò che preme evidenziare è il risultato culturale: il carattere accessorio del diritto penale rispetto al diritto pubblico e amministrativo; la valorizzazione della discrezionalità politica ed amministrativa come valore da esaltare e tutelare, liberandola. D’ora in poi, sarà l’uso strumentale di poteri e funzioni per interessi privati, ove davvero si annidi la torsione dell’agire della pubblica amministrazione, ad essere perseguito. Non più le scelte di indirizzo politico e gestorio, le quali finora compresse dal timore di incappare in inevitabili attenzioni giudiziarie, si sono caratterizzate per la loro pressocchè totale stasi, dando vita al fenomeno assurdo della burocrazia difensiva (ossimoro odioso con cui si descrive la bolla nichilista del funzionario o del politico che meno fa e meglio sta).

Un primo passo è stato fatto, insomma, per delimitare la crescente e paralizzante amministrativizzazione del diritto penale. Fenomeno questo che ha contribuito non poco alla degenerazione del sistema delle garanzie in una progressiva ed ingravescente distorsione del modello costituzione del diritto penale liberale voluto sempre più trasformare in un diritto di scopo (politico). Fenomeno gravissimo: le leggi penali sono infatti irrazionalmente vessatorie quando sono strumentali all’ottenimento di consensi elettorali, peraltro garantiti dalla enfatizzazione di singoli fatti di cronaca drammatizzati dai media. E allora è da salutare con favore la riforma, il cui chiaro intento è stato quello di delimitare il penalmente rilevante. Il cittadino, il politico, l’amministratore, il pubblico funzionario, dinanzi a definizioni ambigue od oscure, devono poter opporre, con efficacia liberatoria, l’ignoranza scusabile, il dubbio ragionevole sulla esistenza del divieto e la sua interpretazione, soprattutto laddove di tratti di atti di indirizzo programmatico e discrezionale.

Resta da raggiungere un altro traguardo. La rivisitazione a questo punto della altrettanto famigerata legge Severino. Essa ha bisogno urgente di un tagliando. Quanto è ancora sopportabile la sua compatibilitàsi prevede la sospensione dall’incarico del pubblico ufficiale con la sola sentenza di condanna in primo grado- con il principio della presunzione di innocenza?