Abusi sulle calciatrici, sette anni al tecnico 

Riformata in Appello la condanna per l’allenatore accusato di stupro e di palpeggiamento da alcune delle sue atlete

Abusò sessualmente delle sue calciatrici, riformata in appello la condanna all’allenatore di calcio Gennaro Russo per violenza sessuale su minorenni. La Corte di Appello di Salerno (presidente Palumbo a latere Rulli e Clemente) ha confermato i tre capi di imputazione e lo ha condannato a sette anni e sei mesi di reclusione. In primo grado era stato riconosciuto colpevole e gli era stata comminata la pena di 9 anni.
Contro di lui le accuse di tre ragazze di una squadra ebolitana, che in un caso hanno denunciato lo stupro e in altri due palpeggiamenti e tentativi di violenza. Ai giudici si era appellato l’allenatore, originario di Napoli ma residente ad Agropoli, difeso dall’avvocato Michele Sarno, per chiedere una nuova istruttoria. La richiesta iniziale è stata rigetta dalla corte. Nel corso dell’udienza, che si è tenuta ieri al tribunale di Salerno, l’imputato ha anche reso spontanee dichiarazioni.
Il procuratore generale, nella requisitoria, ha chiesto la conferma della pena. Stessa richiesta è arrivata dalle parti civili, gli avvocati Mariano Salvio e Sebastano Civita. Nel primo pomeriggio i giudici hanno dato lettura della sentenza di condanna.
Gli episodi denunciati risalgono a un periodo che va dal 2012 al maggio del 2013. Approcci, carezze spinte, fino a quel rapporto consumato con un’allieva che si era offerto di accompagnare a casa, e che ruppe il silenzio facendo aprire l’inchiesta. Subito dopo sono arrivate le conferme di altre ragazze, che all’allenatore, dipendente del ministero di giustizia, hanno attribuito più di un tentativo di violenza e abusi sessuali continuati nel tempo. A incastrarlo è stata tra l’altro la registrazione di due conversazioni, in cui l’uomo ammetteva di aver avuto con una delle calciatrici un rapporto sessuale completo. A far uscire allo scoperto la ragazza violentata e a raccontare di quel “passaggio” dopo gli allenamenti fu il suo timore di essere rimasta incinta. Nella registrazione sullo smartphone della vittima, l’imputato confermava di fatto il rapporto sessuale, limitandosi a dubitare che potesse aver provocato una gravidanza. La violenza avvenne in luogo isolato della zona industriale di Eboli.
Fu quando la prima calciatrice si confidò con le compagne di squadra che altre due, di 15 e 16 anni, trovarono il coraggio di denunciare, raccontando di aver subìto in più occasioni palpeggiamenti e atti osceni. Russo si è sempre professato innocente.(re. pro.)
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