Abusi edilizi, Melchionda a processo

Per un terrazzo ricavato nella sua casa l’ex sindaco rinviato a giudizio con la progettista e l’amministratore dell’impresa

Per il terrazzo ricavato nella sua casa del centro storico, l’ex sindaco Martino Melchionda sarà processato per abuso edilizio. La decisione è stata assunta ieri dal gup di Salerno, Stefano Berni Canani, al termine dell’udienza preliminare di ieri. Con lui sono stati rinviati a giudizio il progettista della ristrutturazione dell’immobile, l’architetto Francesca Spera, e Pietro Maglio: l’amministratore dell’impresa edile che eseguì l’opera. Il pm Marinella Guglielmotti, che rappresenta l’accusa, sostiene che i lavori sono stati eseguiti in assenza di permesso a costruire, essendo intervenuta una modifica alla sagoma della struttura. La contestazione si riferisce al tetto dell’abitazione che – secondo quanto viene contestato agli imputati – non sarebbe stato ricostruito com’era in origine. Per fare una modifica strutturale, secondo l’accusa, l’ex sindaco di Eboli avrebbe dovuto chiedere il permesso a costruire e non fare una semplice comunicazione di inizio lavori.

Nel ristrutturare l’immobile, Melchionda aveva rinunciato a parte della copertura per costruire un terrazzo. Con questa modifica dello stato originario ha rinunciato anche a parte della volumetria esistente. Per la procura, che si è avvalsa di una consulenza tecnica, quella variazione alterava la sagoma e bisognava seguire tutto l’iter burocratico per il rilascio di una licenza edilizia completa. Di fatto è nata una piccola terrazza. Nel frattempo per sanare l’abuso potrebbe essere stata presentata già istanza.

A far partire le indagini, avviate dai carabinieri della compagnia di Eboli due anni fa ad aprile, è stata la denuncia di un privato, forse di una persona che si ritiene danneggiata dal presunto abuso compiuto dall’avvocato Melchionda. Con il rinvio a giudizio, il tribunale non ha ritenuto sufficiente la tesi che, per eseguire quel tipo di intervento, il taglio della tettoia, bastasse il “silenzio assenso” della comunicazione di inizio lavori.

Nello stesso fascicolo sono imputati Mario e Daniele Ardia, padre e figlio, per la costruzione di una struttura sportiva. Per il tribunale siamo di fronte a un caso di “lottizzazione abusiva”. E per questa ragione sono stati rinviati a giudizio. Tutto nasce dal progetto per la realizzazione di una piscina con annessi servizi. Per servizi s’intende la costruzione di una foresteria e di ambienti di pertinenza della struttura principale usata per attività sportiva. Per la procura la struttura per la pratica del nuoto non è stata mai realizzata e, di conseguenza, è venuta meno anche l’agevolazione del Coni che permetteva la costruzione di strutture per la pratica dello sport anche su terreni di diversa destinazione urbanistica. Ai due ebolitani, infatti, è contestato proprio l’uso diverso dei fabbricati annessi alla piscina che – sostiene l’accusa – sono stati destinati a civile abitazione. Di parere opposto la difesa dei due Ardia, rappresentata dall’avvocato Carmine Giovine, per il quale la piscina è ancora “work in progress” mentre l’unità abitativa è riservata al custode.

Nel collegio difensivo sono presenti, tra gli altri, gli avvocati Bruno Pecci, Costantino Cardiello e Mario Conte.

Massimiliano Lanzotto

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