IL CASO

Abusi al Ruggi, niente sconti al primario

Denunciato per violenze dalla paziente: confermata in Appello la pena a 3 anni per Mattia Carbone, dirigente di Radiologia

SALERNO - Nessuno sconto in Appello per Mattia Carbone: il primario facente funzioni del reparto di Radiologia dell’ospedale Ruggi è stata confermata la sentenza di primo grado. È quanto deciso dai giudici del tribunale di Salerno (presidente Silvana Clemente) che hanno emesso la sentenza nei confronti dello specialista, accusato in seguito alle indagini della Procura di Salerno di aver abusato della sua qualità di medico, costringendo una paziente a subire atti sessuali, mascherati con manovre “necessarie” per poter effettuare una visita specialistica. Allo specialista di Battipaglia (difeso dagli avvocati Michele Sarno e Laura Toriello) restano la condanna a tre anni, l’interdizione dai pubblici uffici per cinque e, soprattutto, la sospensione dalle professione per 36 mesi (su quest’aspetto, già in passato, si era espresso il tribunale del Riesame che aveva riabilitato il medico) oltre al pagamento di una provvisionale alla parte offesa di 10mila euro.

Nel corso del processo d’Appello, dunque, non sono bastate le dichiarazioni spontanee rese dal responsabile di un’unità operativa dell’ospedale di via San Leonardo in cui, supportato anche dalle relazioni e delle perizie di alcuni consulenti tecnici, aveva asserito che la modalità della visita effettuata sulla paziente (difesa dall’avvocato Giusy Caliendo) era corretta: venerdì scorso è arrivata la conferma della sentenza di primo grado. Ora si dovranno aspettare settanta giorni per il deposito delle motivazioni, periodo in cui i legali di Carbone potranno presentare ricorso in Cassazione contro l’ultima decisione.

La vicenda nasce dalla denuncia presentata dalla paziente alla polizia in cui aveva segnalato le “particolarità” della visita medica cui si era sottoposta nel settembre del 2019. Gli agenti della Questura informarono la Procura di Salerno che avviò le indagini: gli investigatori partirono proprio dal racconto della paziente su quanto accaduto nell’ambulatorio del Ruggi. I poliziotti hanno accertato, attraverso indagini specifiche, le dinamiche con le quali il radiologo Carbone, «abusando della sua qualità di medico» avrebbe costretto la paziente a subire atti sessuali, mascherati come manovre necessarie per effettuare la visita specialistica. La donna - sostengono gli inquirenti - si era venuta a trovare «in uno stato di soggezione psicologica», perché era il medico che doveva redigere la prognosi. E non pensava che l’indagato si fosse approfittato del ruolo che ricopriva per andare oltre i compiti del suo incarico medico.

Da quanto emerge dalle indiscrezioni investigative, quello accertato dagli agenti della Squadra Mobile è l’unico caso in cui il radiologo avrebbe approfittato di una paziente, raggiungendo con le mani zone erogene non proprio pertinenti al controllo medico che stava effettuando. I successivi approfondimenti investigativi, delegati dalla Procura, hanno consentito di raccogliere elementi di prova tali da convincere l’ufficio del gip del tribunale di Salerno ad emettere nel maggio del 2020 la misura interdittiva dell’esercizio della professione medica per un anno, misura poi annullata dal tribunale del Riesame che aveva riabilitato Carbone a poter esercitare la professione. Poi il processo, con la sentenza di primo grado che è stata confermata anche in Appello.

(al.mo.)