«A Salerno inventammo l’anticamorra»

Alfredo Greco lascia la magistratura. «In città ho lavorato negli anni della guerra tra i clan: c’era un omicidio al giorno»

Il magistrato salernitano Alfredo Greco lascia la magistratura dopo 44 anni di servizio. Si è congedato il primo gennaio, nel tribunale di Vallo della Lucania, nel corso di un breve incontro al quale hanno preso parte i suoi più stretti collaboratori. Greco è andato in pensione per raggiunti limiti di età, dopo una vita trascorsa in magistratura e dopo essere stato uno dei protagonisti della storia giudiziaria italiana, con le sue inchieste anticamorra, l’arresto di Cutolo, le prime indagini con l’ausilio dei pentiti e le operazione antiabusivismo edilizio nel Cilento, ma anche con le minacce subite. Alle sue spalle c’è una fotografia di Alcide De Gasperi con la scritta autografa “Fate il vostro dovere a qualunque costo”. «È l’indicazione che mi ha sempre guidato. Sembra retorica, invece bastano queste poche parole per poter indirizzare la funzione pubblica, per indirizzare gli uomini».

Quali sono i ricordi più importanti della sua lunga carriera in magistratura?

Per me sono tutti importanti. Ho sempre lavorato intensamente tra milioni di processi, procedimenti ed indagini, e ho sempre messo in campo la stessa energia. Ricordo però ancora bene l’adrenalina di quando ho lavorato a Salerno, negli anni della guerra di camorra, quando non dormivo la notte. C’è stato un periodo in cui si verificava un omicidio al giorno. Anni terribile duranti i quali abbiamo inventato l’anticamorra: prima di allora non c’era nulla e non sapevamo come doverla fronteggiare.

Lei ha dato il via a Salerno alla stagione dei pentiti.

Nascevano in quel momento i collaboratori di giustizia e noi non avevamo nulla per poterli gestire. Andavo ad ascoltare i pentiti nel carcere di Qualiano accompagnato da un agente di polizia che sembrava un armadio, perché gli interrogatori avvenivano nel cortile del carcere, dove vi erano in circolazione altri detenuti, molti condannati per omicidio. Si dovette capire cosa bisognava chiedere ai pentiti, come sentirli e come verificare le loro notizie.

Come è cambiata la magistratura in questi anni?

Domanda difficile alla quale so rispondere, ma non voglio rispondere perché il discorso della valutazione della magistratura non può partire da un singolo. È una valutazione che deve essere fatta da tutti i magistrati al loro interno. La magistratura è cambiata perché i tempi sono cambiati.

Lei ha raccolto molto risultati positivi.

Mi auguro siano stati importanti anche se sono stato uno che non ha avuto molte fortune di carriera. Ma aver ottenuto buoni risultati non basta per poter parlare della magistratura. I risultati non devono essere di un singolo magistrato ma degli uffici della magistratura.

Dalla lotta alla camorra alla “tranquillità” del Cilento, cosa l’ha segnata di più?

L’amore dei cilentani nei miei confronti. È come se la popolazione avesse voluto ricambiare il mio amore verso questo territorio. Questa gente ha riposto in me la propria fiducia. I cittadini si sono rivolti continuamente a me in qualità di procuratore. Grazie a questo feeling sono riuscito a far arrivare nelle mia stanza tutti i problemi del territorio. Problemi che abbiamo affrontato insieme, e questo mi ha consentito di arrivare all’animo di questa gente.

È arrivato a Vallo della Lucania in un momento difficile…

Quando sono arrivato si lavorava in cinque stanze con le carte fino nei bagni e sono andato via lasciando alle spalle una meravigliosa cittadella della giustizia. Ho trovato cinquantamila procedimenti e li ho portati a compimento tutti, senza prendermi mai un giorno di ferie. Anzi, in servizio mi sono beccato tre infarti e una trombosi.

Il Cilento può essere considerata ancora un’isola felice?

Il Cilento è una terra diversa dalle altre. Ha avuto una storia diversa dalla restante parte del territorio, per morfologia, posizione e per il carattere degli abitanti.

C’è il rischio di infiltrazioni malavitose?

Certo che c’è. C’è già stata infiltrazione… Però bisogna fare attenzione perché l’infiltrazione che c’è stata nel Cilento è diversa da quella del resto della regione. Qui è nata perché si è scelto il Cilento come zona tranquilla, zona sicura. Tant’è che negli anni passati i latitanti venivano nel Cilento. Poi, nei periodi successivi, la criminalità ha cercato di acquistare e qualche volta ha acquistato terreni e attività. Malgrado ciò, il Cilento è rimasta una terra tranquilla, un’isola felice dove non è successo quasi nulla di eclatante.

Il più eclatante ad Acciaroli: l’omicidio del sindaco Angelo Vassallo…

Mi auguro che venga presto a soluzione l’indagine. Però definire l’omicidio un fatto di camorra penso sia stata una leggerezza. Le indagini che sono ancora in corso ce lo diranno.

Ha qualche rammarico?

Quello di non essere riuscito a trascinare tanti colleghi perbene, validissimi, su valutazioni del tipo di professione che noi svolgiamo. È necessario comprendere fin dal primo giorno che si esercita questa attività che rendiamo esclusivamente un servizio allo Stato e alla Nazione. Non sempre i magistrati si rendono conto che stanno esercitando un servizio e che devono rendere un sevizio pubblico.

Il pensionamento è un traguardo o l’inizio di una nuova esperienza?

Mi farebbe piacere che fosse una partenza ma è difficile rigenerarsi e riciclarsi. Io penso soltanto alla funzione pubblica, solo questo mi ha interessato nella mia vita e solo questo continuerà ad interessarmi.

Progetti per il futuro?

Non lo so, li devo fare per forza perché una vita iperattiva come la mia non può passare da un giorno all’altro alla passeggiata sul lungomare o alla lettura del giornale.

Vincenzo Rubano

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