Storie

A New York si cena nei vicoli di Salerno

Emigrato a soli 17 anni, Roberto Paciullo oggi è titolare di quattro ristoranti. In uno ha riproposto angoli del centro storico

Malinconia e nostalgia sono sentimenti che accomunano gli emigranti di ogni latitudine. Oggi la tecnologia ha abbattuto le distanze: è possibile rimanere quotidianamente in contatto tramite Skype, Whatsapp, Facebook e tanti altri canali ancora; un tempo, quando i mezzi di comunicazione erano ridotti, il distacco dalla terra natìa veniva vissuto in maniera molto più traumatica. Tra le soluzioni adottate per alleviare le pene della lontananza, c’è chi ha ideato qualcosa di originale: Roberto Paciullo, apprezzato ristoratore salernitano risiedente a New York da oltre quarant’anni, ha riprodotto i vicoli del centro storico di Salerno sulle mura di una delle sue trattorie nel Bronx.

La storia. Originario del rione Petrosino, sesto di undici figli, Paciullo scelse la strada dell’emigrazione a soli diciassette anni per sfuggire ad un destino da emarginato, da “ragazzo di vita” per dirla con le parole di Pier Paolo Pasolini. «Mia madre mi affidò ad un suo fratello già stabilitosi a New York nella speranza di offrirmi un futuro migliore. Tra le vecchie palazzine popolari del quartiere i problemi erano all’ordine del giorno. Io mi sentivo incompreso» ricorda Paciullo. Arrivato all’ombra della Grande Mela nel 1970, il giovane iniziò a lavorare come imbianchino. Lo zio viveva, insieme ad altri 60.000 italiani, nel quartiere di Little Italy, situato nella zona meridionale del famoso distretto di Manhattan. Il tessuto sociale dell’area, popolata prevalentemente da connazionali, attutì l’impatto che Paciullo ebbe con la nuova realtà. Dopo anni di duro lavoro e sacrifici, Roberto aprì nel 1985 il suo primo, omonimo ristorante a Crescent Avenue, nel cuore del Bronx.

Il successo. «Ho sempre avuto una passione per la cucina, ereditata dai miei genitori. La chiave per conquistare il palato dei newyorkesi è stata proporre i piatti tipici della cucina salernitana, allargando quella che era la classica offerta culinaria – spiega Paciullo – Ho portato con me i ricordi, i sapori gli odori della mia amata terra. In questo modo il mio legame con Salerno si è rafforzato». Pasta e fagioli, linguine al nero di seppia, tagliatelle all’allardata costituirono sin dall’inizio il fiore all’occhiello del ristorante Roberto’s. Negli anni il giro d’affari è cresciuto al punto che, nel 2008, Paciullo decise di aprire, sempre nel Bronx, la trattoria 089.

Il locale. «Volevo un nome che fosse intrigante per gli americani e, nello stesso tempo, facile da ricordare. Mi venne in mente il prefisso telefonico che ho composto milioni di volte per parlare con i miei cari – spiega divertito Paciullo – Nello stesso tempo ho deciso di allestire la sala, tra la diffidenza generale, come se fosse una vera e propria piazza di Salerno, ispirandomi a delle antiche fotografie della città». Il risultato è sorprendente. «Roberto è riuscito a ricreare fedelmente i vicoli stretti e l’atmosfera che si respira nel centro storico; non mancano nemmeno i panni stesi al sole, i manifesti elettorali e quelli funebri. Riesci a sentirti nella tua città a oltre settemila chilometri di distanza», afferma Mario Palumbo, salernitano in visita alla trattoria 089. All’esterno del locale, inoltre, sventola orgogliosa una bandiera della Salernitana.

I riconoscimenti. Dopo l’apertura di 089 Roberto Paciullo non si è più fermato. Nel giro di pochi anni ha aperto altri due ristoranti nei quartieri di Manhattan e Armonk. Quest’ultimo locale ha ricevuto apprezzamenti sulle pagine del New York Times, che descrive Zero Otto Nove come un “posto in grado di offrire un tipico e genuino menu del Sud Italia, difficilmente reperibile in una zona pullulante di trattorie italiane”.

Il sogno americano. «Con tanta volontà e un pizzico di fortuna sono riuscito a realizzare il mio sogno – osserva Paciullo – Se hai qualcosa da dare l’America te lo restituisce con gli interessi. Sempre più italiani rimangono qui perché hanno delle opportunità concrete». Sposato con Chiara, Roberto ha avuto tre figli, tutti nati negli Stati Uniti: Bruno, gestore di 089 Manhattan, Bianca, insegnante, e Giuliana, studentessa. Non manca un’ultima considerazione sulla società americana: “Ho sempre vissuto tra il popolo, nel Bronx, un quartiere genuino che non merita la fama negativa che gli hanno affibbiato. Questo mi ha dato la possibilità di osservarne i cambiamenti: in America la gente ha imparato a vivere insieme».

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