il personaggio

A 22 anni ha mollato la vita frenetica «Ora sono il pirata di Baia Infreschi»

CAMEROTA. «Se il mare è sereno devi esserlo anche tu. Il mare ci insegna a non farci travolgere. Bisogna espellere tutto il malessere e tutto l’impeto solo quando è burrasca». Giuseppe Pandolfi ha 36...

CAMEROTA. «Se il mare è sereno devi esserlo anche tu. Il mare ci insegna a non farci travolgere. Bisogna espellere tutto il malessere e tutto l’impeto solo quando è burrasca». Giuseppe Pandolfi ha 36 anni e ne aveva solo 22 quando ha scelto un’altra vita, fatta di frutta fresca e spaghetti alle vongole, di giri in barca e contemplazione, sullo sfondo di una costa che ti toglie il respiro per quant’è bella.

Natura pura, incontaminata, a volte selvaggia, ma da cui il distacco è impossibile, una volta che l’hai conosciuta. Soprattutto dopo aver mollato gli ormeggi. Lo chiamano il pirata di Baia degli Infreschi, caletta cilentana in fondo alla Campania sui cui campeggiano da tempo le cinque vele della Guida Blu, dello stesso colore del mare che la bagna.

Dalla caotica Casoria, in provincia di Napoli, è arrivato Giuseppe che ha scelto di trasferirsi (e come dargli torto), nella spiaggia più bella d’Italia, a Marina di Camerota.

In quella insenatura protetta dalle rocce, un tempo scenario di battaglie saracene, Giuseppe ha messo in piedi un ristorantino con tavolacci di legno su cui serve il suo pescato fresco. Ci si arriva solo via mare, i più volenterosi anche lungo un sentiero che per percorrerlo occorre almeno un’ora ma definirlo suggestivo è poco.

«Ieri sera è venuto a cena un gruppo di russi. Mangiano, bevono, a volte esagerano e mi tocca soccorrerli in mare con la mia ciurma», racconta divertito il 36enne. La cosa più bella, per Giuseppe, è «vedere chi è abituato a certi ritmi che vuole cenare in spiaggia, coi piedi nella sabbia, per riallinearsi alla natura». E continua: «Sono un tossico del mare, non riesco a farne a meno», afferma e poi ci ricorda che la prima forma di democrazia è nata a bordo delle navi pirata: «Se un pirata sbagliava lo davano in pasto ai pesci per eleggerne un altro. La mia ciurma mi ha eletto pirata, senza di loro io non lo sono». Una ciurma che ci ricorda che il Mediterraneo unisce: tra argentini e cilentani sono otto in tutto i suoi uomini, dipendenti del suo ristorante che accoglie turisti, marinai e camminatori. La vita, laggiù, scorre lenta e serena, il ritmo è soft, non c’è ragione di agitarsi.

«Posso bucare una ruota, prendere una multa, avere vicissitudini di ogni tipo, insomma: nulla può turbarmi davvero. Possono togliermi tutto ma non il mio mare, il mare è nella testa. Nel 1988 sono venuto qui la prima volta. Ero in barca quando ho scelto di restare a vivere in questa costa che ti spezza il fiato. Durante l’anno, vado in barca, guardo il mare, e poi gestisco un bar a Scario. Non usiamo nulla che possa deturpare la natura. Alimentiamo tutto con un generatore a basso impatto, non produciamo rifiuti. Siamo sottoposti a tantissimi controlli, a volte eccessivi, provano a togliercelo questo posto».

Un luogo, la Baia degli Infreschi, la cui bellezza è mitologica, già ricovero di antichi sovrani che duemila anni fa raccoglievano le acque cristalline nelle loro anfore per rinfrescarsi. La baia è il porto più naturale del Mediterraneo e per far sì che i fondali non vengano danneggiati è persino vietato gettarvi l’ancora. Si attracca con boe, ci si ricovera, ci si riposa. E a volte ci si resta. Come Giuseppe il pirata.

©RIPRODUZIONE RISERVATA