SALUTE
Le malattie dell’apparato digerente e la dieta
Un rapporto strettissimo a cui fare attenzione
Non si tratta soltanto di un rapporto stretto, a volte la dieta è un elemento rilevante della cura, forse sottovalutata. È quanto è emerso durante il 29° Congresso Nazionale delle Malattie Digestive.
Protagoniste alcune malattie infiammatorie croniche (malattia di Crohn e la colite ulcerosa), il fegato grasso e la steatoepatite non alcolica.
Le malattie infiammatorie intestinali Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa, sono malattie infiammatorie dell'intestino di cui non si conosce la causa. Colpiscono più spesso soggetti giovani dai 20 ai 40 anni e i sintomi più comuni sono il dolore addominale e la diarrea, associati spesso a perdita di peso e febbre.
Sebbene la causa non sia nota, si sa che concorrono a determinare queste malattie fattori genetici e ambientali come il fumo di sigaretta e la dieta.
Queste malattie, una volta appannaggio del Nord Europa e nel Nord America, sono in aumento nei paesi del bacino del Mediterraneo a causa della progressiva occidentalizzazione della dieta con il consumo crescente di zuccheri raffinati, di bevande gasate ad alto contenuto di fruttosio, di alimenti processati (esempio i salumi), di grassi saturi e di carni rosse.
Una dieta ricca di carboidrati complessi, di grassi insaturi, di frutta e verdura, come la dieta mediterranea, ha invece un ruolo protettivo.
È buona norma nelle fasi acute e cioè in presenza di sintomi: eliminare i latticini freschi, i cibi piccanti, il caffè. Bisognerebbe poi ridurre frutta e verdura, consentendo centrifugati e passati ed evitare alimenti integrali, favorire uso di cereali più digeribili e senza glutine.
Da limitare l'uso di carni rosse e di alimenti processati, consigliata invece l'assunzione di carni bianche, di pesce e di carboidrati complessi. Un apporto calorico adatto e una regolare attività fisica completano uno stile di vita adeguato.
Fegato Grasso e Steatoepatite non alcolica La steatosi epatica non alcolica comprende l'infiltrazione grassa del fegato e la steatoepatite non alcolica, una variante meno frequente, ma più importante.
Diagnosticata il più delle volte in pazienti tra i 40 e i 60 anni, può progredire verso malattie epatiche gravi come la cirrosi o il cancro epatocellulare. Molti pazienti affetti presentano obesità, diabete di tipo 2 e/o sindrome metabolica.
Poiché nessun farmaco è stato ancora approvato per il trattamento della NASH, gli interventi dietetici e l'esercizio fisico sono generalmente considerati i capisaldi del trattamento di queste patologie.
Vari studi sono concordi sul beneficio della dieta mediterranea nei pazienti con queste patologie. Contenendo verdure, frutta, cereali integrali, noci e legumi, olio d'oliva e pesce, è stata promossa per la perdita di peso e il miglioramento dei parametri metabolici; inoltre previene le malattie cardiovascolari.
Negli ultimi anni si stanno accumulando prove che supportano un effetto piuttosto dannoso dell'alcool e recenti linee guida raccomandano l'astinenza completa.
È invece possibile consumare fino a un massimo di 3 tazze di caffè al giorno. La caffeina sembra infatti potenziare l'espressione di sostanze antiossidanti come il glutatione, assicurando effetti benefici sul fegato.
Noci e semi contengono diversi composti bioattivi che sono stati considerati benefici: un recente studio ha riportato una prevalenza significativamente più bassa di fegato grasso, nei pazienti che consumavano frutta a guscio, almeno 4 volte a settimana.