Un miliardo delle vecchie lire

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Ho letto che il comune di Salerno starebbe programmando delle variazioni urbanistiche per fare cassa. Anche il sindaco ha ammesso che ci sono delle difficoltà finanziarie a cui bisogna porre rimedio. L’opposizione, invece, è convinta che siamo sull’orlo del dissesto. Mentre si discute se far colare nuovo cemento nel centro cittadino per sanare i debiti contratti, scopriamo che l’ente comunale sborsa annualmente 531mila euro (sommando i compensi percepiti e resi pubblici dal comune) per pagare gli stipendi di presidenti e consiglieri di amministrazione. Un miliardo delle vecchie lire. In qualche caso - Salerno Patrimonio – il CdA non percepisce compenso. La mission di questa partecipata è la dismissione di beni immobiliari comunali ritenuti superflui e onerosi per i costi di gestione. Il primo presidente, poi sostituito, è divenuto famoso non tanto per le sue capacità di “dismissore” quanto per essere finito al centro del crack Amato. Aspettate un momento, ma non vi suona strano che il presidente di una società, nata per alienare il patrimonio immobiliare comunale, rimanga coinvolto in una colossale operazione di speculazione edilizia? Possiamo dire che la scelta dell’amministrazione, in questo caso, sia stata inopportuna? Sicuramente qualche maligno, con il piglio giustizialista, sta pensando che forse è stato nominato presidente proprio perché era al centro di interessi trasversali. Riflessioni tendenziose a cui non bisogna dare credito perché sarà la magistratura a giudicare.

Torniamo a Salerno Patrimonio. La sua finalità, dunque, è la vendita dei beni immobiliari inutili al fine di ricavare un introito finanziario in grado di sollevare dagli affanni il bilancio municipale. In realtà, a ben vedere, si tratterebbe di un’entrata una tantum che non ristabilirebbe un equilibrio nella spesa corrente. Un intervento spot che porterebbe ad incamerare (nel caso questi beni siano veramente venduti a prezzi di mercato) un po’ di soldi freschi da destinare ad opere incompiute e manifestazioni di roboante vanità. Insomma dalla vendita si ricaverebbe (nella mente di chi l’ha immaginata) una specie di super autosponsorizzazione che potrebbe consentire di allontanare lo spettro del dissesto ancora per qualche tempo. Qualcuno, molto probabilmente gli stessi maligni già menzionati, ipotizza che sia stata innescata una bomba ad orologeria pronta a deflagrare nel 2016. Staremo a vedere. Intanto, rileggendo la lista dei presidenti e consiglieri di amministrazione, mi sono reso conto che taluni hanno anche doppi incarichi, cumulando una doppia indennità. In altri casi è possibile rilevare una longevità di mandato che supera il decennio. Eppure, secondo me, non appartengono ad una casta di “tecnici” poiché la maggior parte è arrivata a ricoprire ruoli manageriali solo dopo aver esaurito (o essere stati espulsi da) un percorso politico-sindacale. Fanno i “tecnici” ma non lo sono. Anzi, a dirla tutta, sono semplicemente dei funzionari a cui è corrisposto uno stipendio per sorvegliare e rendere operative le direttive dell’amministrazione. Caso lampante è la Centrale del latte. Presidente e consiglieri di amministrazione hanno avuto tutti in passato una loro valenza politica e amministrativa: un ex consigliere regionale, un ex assessore provinciale, un ex vicepresidente della provincia, un ex assessore comunale. Una sorta di casa di riposo per ex combattenti ai quali è stato riconosciuto un contributo “solidale” affinché non si sentano emarginati dalla politica. Sono stati collocati in una specie di “riserva strategica”: apparentemente si comportano come dei “pensionati”, dedicandosi a garantire la distribuzione di latte nostrano a prezzi calmierati, ma sotto sotto scalpitano, in attesa di condizioni favorevoli, pronti ad offrirsi in caso di future ed impreviste indisponibilità sul mercato della politica locale.