Tehmina, una moglie schiava

imagePuò una donna battersi per conquistare la libertà da suo marito, dopo 14 anni di schiavitù, anche a costo di vedersi strappare i figli dalle braccia per sempre? E diventare un modello per tutte le donne che lottano per smarcarsi dalla soggezione a cui sono costrette?
Certo che può. Lo ha fatto Tehmina Durrani, una donna pakistana determinata e impavida che ha deciso di svelare al mondo i tratti di una cultura e di una civiltà ancora fortemente intrise di oscurantismo medievale. Figlia del governatore della Banca Nazionale del Pakistan, Tehmina ci racconta la sua drammatica vicenda umana nel libro autobiografico 'Schiava di mio marito', edito da Mondadori.
Quasi un diario dove l'autrice annota le violenze psicologiche e fisiche subite dal marito Mustafa Khar - un eminente uomo politico pakistano, ministro di Benazir Bhutto -, i lunghi anni di umiliazioni, torture e violenze che lui le ha inflitto crudelmente. Tehmina è stata la sua sesta moglie e dalla loro unione sono nati quattro figli.
Ci racconta di un amore appassionato giunto quando lei era già sposata con un uomo che non amava - ci si era unita per ribellarsi alla sua famiglia, visto che lui era di casta inferiore - e madre di una bambina.
Il 'Leone del Punjab' Mustafa Khar, ben più anziano di lei, le appare dapprima come l'uomo ideale. E così Tahmina divorzia dal primo marito per sposarlo, venendo immediatamente ripudiata dalla sua famiglia. Ma quel matrimonio si rivela, come scrive lei stessa, "la classica trappola tesa alla donna pakistana: una vita di totale sottomissione [...] Non passava giorno che Mustafa non mi picchiasse... Mi sbatté contro una parete, mi riprese e mi scaraventò contro un'altra ancora e ancora e ancora".
Scopre un marito/padrone che sottomette la sua schiava, costringendola ad accettare soprusi, mortificazioni, sevizie e tradimenti. Ma sopporta in silenzio, come le donne del Pakistan sono costrette a fare.
Non è una donna come tante, Tehmina. Insieme a suo marito, intraprende una durissima battaglia politica che li costringerà a lunghi anni di esilio. E Mustafa, negli anni londinesi, la ripaga seducendo sua sorella tredicenne.
Eppure Tehmina si illude che la condivisione politica possa farla uscire per sempre dal baratro nel quale il marito l'ha fatta sprofondare, privandola di ogni briciola di dignità, ma è presto costretta a ricredersi. Tornati in patria con i figli piccoli, ricomincia la sua prigionia, la violenza improvvisa e ingiustificata, la sottomissione. Poi un tradimento con una donna giovanissima, che diventerà la settima moglie. Ed ecco che finalmente Tehmina trova la forza di lasciarlo - restando senza famiglia, isolata e senza soldi - e denunciare i soprusi che Mustafa ha perpetrato nei suoi confronti per tutto quel tempo attraverso le pagine di un libro.
Un libro che fa scandalo in Pakistan, per la forza della sua denuncia, ma grazie al cui successo Tehmina riesce a riprendersi i suoi figli, che il marito le aveva sottratto. Ora dirige il movimento 'Jehad' (guerra santa), che si batte per i diritti delle donne e contro la corruzione politica.
Non conoscevo questa storia, confesso. Ma da quando l'ho letta mi è rimasta dentro. Lasciandomi il segno.
Mi ha aiutato a capire cosa si nasconde dietro al silenzio e alla sottomissione di quelle donne a cui i dettami piu rigorosi della religione islamica impediscono una condizione di libertà.