Sul Giffoni film festival lo scontro sarà inevitabile

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Partiamo da lì, dalle parole dette al Corriere del Mezzogiorno da Sebastiano Maffettone, poco dopo la nomina a consulente del Governatore De Luca per le attività culturali. Il docente della Luiss chiarì senza giri di parole che d’ora in avanti la valutazione del sostegno finanziario della Regione alle attività culturali svolte sul territorio sarebbe avvenuta tenendo conto della loro ricaduta economico-sociale. Un criterio accettabile, se il sistema di misurazione dei ritorni economici della spesa “culturale” presentasse elevati livelli di attendibilità. Non sorprende perciò che il commento a caldo di Maffettone  all’allarme sul futuro del Gff (lanciato l’11 agosto sulle pagine napoletane di Repubblica da Claudio Gubitosi, patron-manager dell'evento) abbia rimarcato il concetto espresso fin dalla nomina a consulente. Fermo restando il sostegno finanziario della Regione al Gff (sostegno che pare si attesti oggi sui 2,5 mln di euro), si devono leggere i bilanci per capire cosa si possa e convenga fare. Una richiesta minimale per chi debba valutare l’opportunità e la misura di un’eventuale maggiore presenza nel team dei finanziatori del consolidato Festival del cinema per ragazzi. Un principio di trasparenza che un’istituzione pubblica deve osservare sempre e verso tutti. Tanto più in presenza delle "pesanti" richieste di Gubitosi. Il quale immagina per il 2016 di far passare lo “stargate” alla sua creatura nata nel 1971, con una generosa provvista per resistere nello spazio siderale: 14 milioni di budget (dai 9 attuali) di cui 10 pubblici (non solo Regione, ma anche Mibac e Camera di Commercio) e 4 mln privati. Ma l’allarme vero lanciato da Gubitosi (non a caso “Repubblica” ha titolato: “Giffoni rischia, sono pronto allo scontro”) è quel numerino relativo al deficit accumulato in 45 anni di gestione. Un numerino di segno meno (-4 mln di euro), diventato ora un numerone di cui farsi carico. E’ chiaro allora perché in Regione aspettino di leggere i bilanci. Anzi, non si capisce perché non l'abbiano già fatto, visto che l’Ente è main sponsor e dovrebbe essere il primo a riceverli. Forse servono chiarimenti di dettaglio per capire su quali costi agire per un rapido rientro dal deficit. Ma il patron del Gff – al quale si deve riconoscere non solo di aver avuto 45 anni fa una buona idea, ma anche di averla saputa coltivare e far crescere contro quanti gufavano contro la sua affermazione (ho un chiaro ricordo di quando, sul finire degli anni ’70, il Banco di Napoli di Battipaglia gli rifiutò l’aumento della modesta linea di credito concessagli), oggi ha l’età per rendersi conto che se bussa a quattrini alla porta della politica, deve sapere a che cosa va incontro. La politica fa sempre favori a rendere. E per farsi credere parte da lontano: la necessità di fare le cose per bene, il momento di crisi per il Paese che impone di evitare sprechi e particolarità. Poi strada facendo,  ti fa capire che se hai qualcosa da salvare grazie alla politica, questa ti chiederà qualche sacrificio. Del resto, Gubitosi viene da Giffoni Valle Piana, mica dalla Silicon Valley. Il personaggio però ha dimostrato di non essere remissivo. Non a caso il suo accorato appello si chiude con queste chiare parole: “sono pronto al confronto e, se necessario, anche allo scontro”. E scontro sarà – del resto è contemplato nella scenografia dello “stargate” – su almeno tre questionai fondamentali: l’assetto giuridico, la governance, la location. E’ improbabile si possa auspicare per il Gff l’adozione di una legge ordinaria (come fa Gubitosi evocando il Dlgs 29 gennaio 1998, n. 19, istitutivo della persona giuridica privata della “Biennale di Venezia delle arti e del cinema", art.11) con oneri a carico del Bilancio dello Stato. Più percorribile, forse, la strada di una Legge regionale che individui la forma giuridica in cui inquadrare il Festival. Quale che possa essere la strada prescelta (ammesso la Regione pensi a una soluzione di questo tipo), è improbabile che la governance possa restare tutta e solo nelle mani del fondatore proprietario del brand, o addirittura passare a suo figlio Jacopo come Gubitosi ipotizzò tempo fa, evocando la storia dei Ferrero. Infine la location, che con ogni evidenza non può restare solo un Comune di 12 mila abitanti, se si cullano aspettative di ritorno economico su più vasta scala.