Socrate. Precipitare dalla vetta

In fondo si era capito già 2400 anni fa come sarebbe finita. C'erano regole già stantie. C'era lui che insegnava perché cambiarle e come cambiarle. C'erano i giovani che lo seguivano entusiasti. E c'erano i politici improvvisamente messi a nudo. Lui era Socrate. E sapete tutti com'è finita.

E' finita con un epilogo diventato proverbiale ­ e quindi trasformato in roba masticabile da tutti. E invece è stato il punto più alto della civiltà occidentale. Di fatto è come se la storia del nostro pensiero fosse partita da una vetta. Insuperabile. E da lì in poi è stata effettivamente tutta una discesa, spesso precipitosa.

Socrate era un tipo sbrigativo, uno che amava andare al cuore del problema.

Ai giovani diceva poche cose, ma pesanti: usate la ragione per rifiutare tutto ciò che vogliono imporvi per la forza della tradizione o per una valenza religiosa; imparate a conoscere i vostri limiti e a non «presumere di essere di più, a non offendere la divinità pretendendo di essere come il dio»; ai lunghi discorsi (dialoghi) che non danno spazio alle obiezioni e che i politici usano per ingannarvi, preferite brevi domande e risposte (brachiloghi), proprio per dare la possibilità di obiettare all'interlocutore. In due parole: era anticonformista. Vale a dire che in opposizione alle convinzioni della folla rifuggiva il consenso e l'omologazione; per lui garanzia di verità era non la condivisione irriflessa, ma la ragione che porta alla reciproca persuasione. Insomma, di certo oggi non guarderebbe "amici", "isole", "talpe", "porte a porte" e simili. E non farebbe troppa carriera in Forza Italia e forze limitrofe. Ma tant'è.

Ma una cosa su tutte irritò i politici di allora, che stupidi già 2400 anni fa non intuirono fino in fondo la portata della rivoluzione socratica ma si fermarono alla cresta dell'onda.  Quando i discepoli dissero a Socrate che lui era il più saggio del mondo e che avrebbe dovuto confrontarsi con i politici, lui non fece una piega. Rispose di non essere affatto il più saggio di tutti ma accettò di incontrarli. E li fece a brandelli. Alla fine del confronto, infatti, messi di fronte alle loro contraddizioni e inadeguatezze, provarono stupore e smarrimento, apparendo per quello che erano: presuntuosi ignoranti che non sapevano di essere tali. «Allora capii, dice Socrate, che veramente io ero il più sapiente perché ero l'unico a sapere di non sapere, a sapere di essere ignorante». In seguito quegli uomini, che erano coloro che governavano la città, messi di fronte alla loro pochezza presero ad odiare Socrate.

Come andò a finire lo sapete quasi tutti. I politici dell'epoca presero ad odiarlo e lo accusarono di suscitare la contestazione giovanile. Lo portarono in tribunale e lui non si sottrasse al processo ­ niente strane manovre di avvocati né cambi delle leggi; lo condannarono a morte e lui non si sottrasse alla condanna ­ niente prescrizioni né grida di complotti; gli offrirono di scappare dalla prigione e lui non accettò - niente fughe in Tunisia nè elezioni in parlamento. Il rispetto delle leggi prima di ogni cosa. E dette l'esempio più alto di etica e di pensiero laico.

Duemilaquattrocento anni dopo, i giovani si sono persi, quasi tutti noi ci siamo persi in una landa senza approdi evidenti. L'utile personale prima di quello collettivo; la ragion di stato prima della ragione senza aggettivi; il conformismo al posto della lucidità intellettuale; la massa e non il singolo; la morte di gruppo e non la vita da singoli isolati: la forma invece della sostanza. Il 4-3-3 di Socrate - lui sì votato all'attacco ­ lo abbiamo svilito. E come tutti i tecnici mediocri (in fondo come tutti i mediocri), con un golletto di vantaggio sostituiamo un attaccante con un centrocampista. A difesa del nulla.

Bastava guardarsi dietro per capirlo. Non basta guardare solo avanti per farlo.