Settimana positiva, di Sergio Musungu Mazza

Ultima notte a Suguta Marmar... sono sorpreso, felicemente, di come sia volata questa settimana... sono arrivato qui lunedì, per fermarmi non più di 2 giorni, e invece ne sono passati 7, tutti positivi, tutti ben impressi nella mia mente, e che non dimenticherò presto...
Mi dispiace partire, mi dispiace lasciare questo posto a cui mi sono velocemente affezionato... ma il mio viaggio continua, devo ritornare a Lodungoqwe per sistemare un pò di cosette, e poi già a Nairobi, dove finalmente conto di incontrare Padre Jairo, e di vedere Kibera, sperando di trovarla in condizioni migliori a 2 anni fa...
Ieri, come vi avevo scritto, Padre Stephen & C. mi hanno “dedicato” la loro giornata, e siamo andati, in direzione di Baragoi, verso Nord, a Lesiolo!
Ma prima di parlarvi di questo posto magnifico credo sia dovuto spendere 2 paroline sulle condizioni delle strade qui... non è possibile che la gente sia costretta a vivere in queste condizioni... non parliamo di sterrato, parliamo di “mulattiere” in cattive condizioni, tratti di montagna dove i fuoristrada arrancano, dove le forature (3 a noi questa settimana) sono all’ordine del giorno, e dove la vita media delle auto si dimezza se non di più rispetto a quella da noi... E poi i tempi di percorrenza media sono infiniti: per fare 70 km ci abbiamo impiegato 3 ore all’andata (con un paio di suggestive soste) e oltre 3 al ritorno, complici la foratura e il buio.
In compenso, ho avuto la fortuna e il privilegio di vivere una giornata speciale.
La prima sosta è stata al lago salato di Kisima... la “leggenda” narra che qui Ngaj abbia trasferito la vita, attraverso una corda collegata al cielo, ma poi l’avidità di qualcuno ha fatto si che questa corda fosse tagliata, non dando pià modo a nessuno di “risalire” verso il cielo. Non è enorme, ma ha fascino, ed è fondamentale per la vita di questa piccola cittadina che da il nome al lago. Qui si abbeverano gli animali, qui si lavano i panni e qui si raccoglie l’acqua per la quotidianità. Rimessici in moto, ci siamo nuovamente fermati per una rapida visita al Maralal Safari Lodge, inserito all’interno del Maralal National Sanctuary, una riserva ai margini della città che ospita zebre, impala, iene, elefanti (anche se se ne vedono sempre di meno in questa zona) e altri animali tipici di queste pianure.
Subito dopo, nel giro di pochi km, passando anche attraverso alcuni villaggi come quello di Porro, il paesaggio cambia drasticamente, si comincia a salire, e più ci avviciniamo alle “Highland dei Samburu”, più mi sembra di essere sulle nostre Alpi, tanto il verde e il freddo attorno a noi. Distese di campi coltivati, fattorie, pascoli... tutto quello che, in genere, non ci si aspetta pensando al Kenya, lo si trova qui.
Poi, ad un certo punto, la foresta, elemento protetto del territorio, imponente per l’altezza dei suoi arbusti...
Ma tutto questo è nulla a confronto con la nostra meta, un posto senza uguali al mondo, il Molosso di Lesiolo (dal Samburu, la Vista del Mondo), la cima di una scarpata di oltre 400 metri che segna “drasticamente” la fine del Loroghi Plateu, e da cui si gode un panorama strepitoso, che si spazia per oltre 120 km sulla Rift Valley e sulle dentellate Tiati Hills.
Non credo che si possa restare insensibili davanti a tale “immensità”, sembrava davvero di stare qualche metro sopra il cielo, e vedere davanti a noi, a perdita d’occhio, questo spettacolo inusuale di bellezza, in un ambiente così isolato, dove gli unici rumori che si potevano sentire erano quelli delle aquile che ci passavano davanti, mi ha trasmesso un intensa energia, mista a serenità! Questo Molosso fa parte di un progetto di valorizzazione del territorio, ed è “gestito” da alcuni anziani Samburu, che fanno pagare un ingresso (spettacolare il varco) di circa 3-4 € a persona per “affacciarsi” al balcone di cui vi ho parlato. Questi soldi servono a finanziare attività che avvicinano i Pokot e i Samburu, che come vi ho raccontanto, sono in contrasto da qualche anno ma proprio in questo territorio, pochi mesi fa, hanno siglato un accordo di pace.
Beh, fortuna vuole che noi siamo “raccomandati”, essendo in compagnia di Padre Stephen, e che uno dei nipoti di questi anziani frequenti la scuola Primaria della Parrocchia di Suguta... così per noi ingresso gratuito, e, in nostro onore, una pecora da consumare come pranzo!
Ovviamente io ero l’osservato speciale, in un gruppo di una 15ina di uomini, tra noi (6) e loro, e al momento dell’uccisione della povera pecora quasi mi volevano costringere ad assistere... Qui ci tengono molto a certe tradizioni, fa parte della loro cultura, ma sinceramente non ce l’ho fatta... I giovani che l’hanno sgozzata, come vuole l’uso Samburu, hanno affondato la loro testa nel ventre dell’animale, bevendone il sangue, e poi hanno proseguito nella “macellazione”, dividendo le varie parti (non si butta via nulla!)
Nel frattempo gli anziani hanno allestito la “brace”, fatta di qualche tronco di legno sistemato a croce e sospeso sopra la fiamma!
Hanno arrostito tutto, finanche lo scroto e il pene (era un “pecoro”!) che si sono mangiati davanti ai miei occhi... A noi hanno riservato cosce e costolette, nonchè il fegato (mi è toccato!) e il cuore... tutto veniva riposto su delle foglie tipo alloro, ma la componente “igienica” non era di primaria importanza... non mi soffermo sui particolari, ma vi garantisco che, seppure la carne fosse indubbiamente fresca e buona, non è stato un pranzo facile... Come vuole la cordiale tradizione samburu, noi abbiamo contribuito al “pic- nic” con quello che sarebbe dovuto essere il nostro pranzo, ossia chapati e frutta, più delle bevande che avevamo con noi. Il senso della condivisione è molto forte qui, e lo si manifesta anche in queste occasioni.
Dopo aver banchettato ci siamo intrattenuti a scambiare due chiacchiere con questi saggi anziani, che fanno anche da guide a intraprendenti turisti che si spingono fin quassù, lontano dalle abituali rotte, e sono tanti gli aneddoti che ci sono stati raccontati riguardo questo posto così particolare.
Sulla via del ritorno ci siamo fermati alla Parrocchia di Porro, dove si era da poco concluso un funerale di qualche importante personaggio del posto legato alla politica, da quanto ho capito... ma l’atmosfera era più quella della “festa” (un pò stile americano) che quella a cui noi associamo questo tipo di eventi.
Ripresa la marcia verso casa ero davvero stanco, e anche gli altri lo erano, tanto che assorbivamo con una certa fatica le “botte” dovute ai sassi sulla strada (eravamo tra l’altro in 4 sul sedile di dietro, strettini) e nessuno parlava... Quando il più sembrava fatto, al calare della notte, ecco la foratura che non ci voleva... non avete idea di quanto possa esser complicato sostituire una ruota in certe condizioni di luce, strada, attrezzi, ecc ecc.
Ma alla fine ci siamo riusciti e, con grande soddisfazione, verso le 8 di sera, dopo quasi 12 ore di trasferta, siamo rientrati... una giornata dura, ma bella, piacevole, dove ancora una volta ho avuto modo di apprezzare la gentilezza e la cordialità di questo popolo, solo apparentemente chiuso e “incivile”. Inutile dirvi che la mia intenzione di raccontarvi tutto subito è miseramente naufragata quando ho visto il letto... STANCHEZZA!!!!
Oggi ho dedicato di nuovo tutto il mio tempo, o quasi, ai bambini che mi aspettavano già alle 9 al campetto...
Allenamento dedicato alla difesa, e prime situazioni di gioco, 2vs1 e 2vs2, e, vi dico la verità, per un gruppo “scoiattoli” con soli 3 allenamenti alle spalle, e con soli 2 palloni a disposizione, sono molto orgoglioso di loro... si impegnano da matti! Al pomeriggio è toccato ai più grandicelli.. loro fanno un pò più di fatica a “pensare”, sono troppo abituati a ricevere ordini e comandi, ma nonostante tutto c’è da essere soddisfatti di questa settimana di lavoro, che chiuderemo domani con l’allenamento dopo la messa!
Tra i due allenamenti sono riuscito ad andare con Martin a visitare una Manyatta, per cercare di capire meglio le differenze con quelle della zona di Lodungoqwe (interessante vedere come adeguano il loro modo di costruire e di concepire “il villaggio” a seconda delle necessità dettate dal territorio che li circonda), e poi a parlare con Padre Stephen dei progetti che ho in mente, e di come potrei dare un aiuto concreto alla sua comunità... l’ho trovato estremamente contento e disponibile, mi ha fatto capire che questa settimana è stata positiva non solo per me ma anche per loro, che i bambini sono contentissimi, e che vuole dare un seguito a tutto questo.
Appena possibile vi spiegherò meglio le mie idee a proposito.
Nell’immediato ho proposto di “sostenere” gli studi di uno dei ragazzi più meritevoli dal punto di vista accademico, ma che senza un aiuto avrebbe dovuto lasciare la scuola, e che ora, grazie anche a noi, potrà coltivare il sogno di una vita migliore... Padre Stephen ci aggiornerà sui suoi profitti, ed è entusiasta della nostra iniziativa.
Chiudo parlandovi di due situazioni un pò contrastanti, che non fanno che “motivarmi” in questa mia avventura: parto da Faith, la figlia di un insegnante della scuola, di 4 anni, che si è affezionata tantissimo a me, e mi segue ovunque, anche mentre siamo in campo a fare allenamento... è dolcissima, mi riempie di baci, e ha degli occhietti furbi furbi... non si può non adorarla, non parliamo la stessa lingua, ma ormai ci capiamo benissimo, e vederla sorridere ti illumina la giornata; lei è una delle bimbe fortunate qui, vive una vita serena, non conosce lussi ma sicuramente non le manca un vestito, un paio di scarpe o un pasto quotidiano... è l’eccezione purtroppo...la maggior parte di loro non è così, e nemmeno a farlo apposta oggi una suora mi ha mostrato una bambina di non si sa bene quanti anni (forse una 10ina, ma non lo sanno nemmeno loro) in condizioni pietose, sicuramente con qualche ritardo, dovuto magari alle condizioni di degrado fisico-alimentare in cui vive (non me la sono sentita, sinceramente, di fotografarla), con piedi e mani “mangiati” dalle infezioni, viso rovinato, vittima di tanto in tanto di crisi epilettiche, vestita di stracci maleodoranti, strappata con la forza alla madre nel suo villaggio per la seconda volta... e si spera che questa volta non venga di nuovo “rubata” come accaduto la prima volta che era in “assistenza” qui in missione.
Sinceramente non sapevo che fare o dire davanti a questa bimba, mi sono sentito “nudo”, avrei voluto fare qualcosa, ma non sapevo da dove cominciare. Questa è l’Africa che fa paura, purtroppo è la normalità in tante zone, e prima che se ne venga a capo temo ci vorrà del tempo... Proprio oggi, in mattinata, leggevo che il rapporto sullo sviluppo umano (che misura il benessere del paese in base alle aspettative di vita, all’istruzione e al tenore di vita) vede il Kenya al 143 posto su 187, mentre il divario di reddito tra i ricchi e i poveri è uno dei 10 maggiori al mondo...
Non lo trovo giusto, e sono sicuro voi siate dalla mia parte.. nel nostro piccolo, sarà poco, ma dobbiamo dare una mano a questa gente, perchè non meritano certe condizioni di vita!
Vi dò la buonanotte, oggi mi sono dilungato nello scrivere, e domattina mi toccherà salutare la comunità alla fine della messa, so già che mi emozionerò, quindi meglio cercare di prendere sonno ora...
BUONANOTTEOggi