Serve tutta la verità sulla fonderia di Fratte

Foto 2 (26 Mar 2007)

 

 

«Vivere ogni giorno nella Valle dell’Irno significa non avere la libertà di aprire le finestre, di far cambiare l’aria la mattina, non poter avere le lenzuola bianche, avere di continuo problemi alle congiuntive e alle vie respiratorie. Significa non poter avere il piacere di cenare una sera d’estate fuori all’aperto; vergognarsi di ospitare persone, perché il nero e la puzza per chi non è assuefatto è davvero insopportabile. Significa spendere ogni 10 anni buona parte del patrimonio di famiglia per imbiancare la casa dentro e fuori; significa essere a lutto senza tregua, celebrare un funerale ogni 2 anni e avere a che fare costantemente con il dolore e la morte. Significa sottoporsi a screening periodici a proprie spese per monitorarci; significa avere paura di una febbre in più, di un raffreddore, di un colpo di tosse. Significa vivere sapendo che nel giro di poco tempo avremo un altro calvario, un altro funerale da fare». Parole tristi e pensieri funesti, questi di Martina Marraffa, caricate su YouReporter.it. Ma chi è questa giovane donna che da 10 giorni è in presidio permanente davanti ai cancelli della Pisano & C.Spa di Fratte per chiedere alle Istituzioni tutta la verità sulla Fonderia che inquina? Sul profilo Fb, Martina - neuropsicologa presso il Bacb e iscritta al Master di Analisi del comportamento presso l’Università di Salerno - si presenta con una immagine capovolta, simbolo della propria giovane vita sconvolta da una lunga serie di decessi nell’ambito della parentela, sia di origine che acquisita. La verità che vuole conoscere è sapere se tutte quelle morti – cui se ne aggiungono numerose altre nel quartiere – possono essere messe in relazione con il livello di inquinamento causato dalla Fonderia presente a Fratte dal 1961. La verità che Martina vuole conoscere, per riportare un po’ di pace nella sua vita e il sorriso sul suo volto “spento”, riguarda le ragioni per le quali dal "memorabile" 27 novembre 2006 (il comunicato é presente ancora sul sito web del Comune) non solo non si è dato corso alla “rapida” delocalizzazione dell’impianto, ma non c'è stato neppure il promesso “monitoraggio costante dello svolgimento dell’attività produttiva per la verifica quotidiana delle leggi e delle normative poste a tutela della salubrità della lavorazione, dell’ambiente, della salute dei cittadini e dei lavoratori”. Parole al vento. Un impegno preso e non mantenuto dall’allora sindaco De Luca, tanto più da onorare da uno come lui che nella consueta trasmissione su LiraTv, il 6 giugno 2008 parlando del termovalorizzatore ebbe a precisare tra l’altro: “… noi abbiamo a Salerno le fonderie, abbiamo le fabbriche chimiche nella zona industriale, abbiamo le industrie meccaniche, ma c’è qualcuno che controlla le emissioni? Ogni fabbrica ha delle emissioni, non c’è nessuno che controlli assolutamente niente”. Non era del tutto così. Prima di arrivare infatti alla sospensione dell’attività - dopo rapporto dell’ispezione straordinaria richiesta dall’A.G. ed effettuata dall’Arpac di Caserta il 12 novembre 2015 - c’erano stati diversi verbali del N.O.E. e rapporti Arpac che avevano trovato irregolarità e problemi. Quello del 4 maggio 2011 dell'Arpac-Salerno, per esempio, dopo aver rilevato sforamenti corposi e ripetuti di PM10 e alti livelli di inquinanti da perseguire in base al Dlgs  n.155/10 (arsenico, cadmio, nichel e benzopirene), concludeva con questa salomonica sentenza: “ il livello di concentrazione degli inquinanti misurato a Fratte non sembrerebbe compatibile con le condizioni antropiche locali”. Insomma all'Arpac quello non sembrava un posto compatibile con insediamenti umani. Usando il condizionale, l’Agenzia lanciava però la palla nel campo del “grande assente” in tutta questa lunga incredibile storia: l’Asl SA2. La “verità” che vuole conoscere Martina Marraffa riguarda principalmente loro. Toccava a loro infatti istituire il “Registro Tumori” e monitorare la condizione ambientale. Pare non ci abbiano mai pensato (se non in questi ultimi giorni). Eppure in città si sa di un imprenditore cui l’Asl avrebbe negato il via libera a costruire. invocando proprio l’incompatibilità antropica dell’area. Ma la verità che Martina (e la città con lei) vuole sapere riguarda anche altri due punti decisivi: con quale autorizzazione la Fonderia Pisano ha svolto un’attività industriale potenzialmente inquinante, se l’AIA l’ha ottenuta solo nel 2012? E qual è oggi il quadro completo di inquinamento in profondità sui 180 mila mq. della Fonderia? Domande che attendono risposte chiare, autorevoli e indipendenti. Prima che, per fare in fretta, si copra tutto con un’altra colata di cemento. Giustificandola con la necessità di “incentivare” la delocalizzazione. Quell’area va quanto prima liberata, bonificata e restituita alla comunità frattese in risarcimento della qualità della vita “rubatale” per oltre 50 anni.