Se i social network diventano una trappola

migranti

Provate a scrivere un post su Facebook che abbia per argomento “l’invasione dei migranti”, come ha fatto una blogger cilentana mentre era in treno viaggiando verso Napoli, e state a vedere cosa accade. Il tema in questo caso era l’assenza di sicurezza dovuta al mancato rispetto delle regole da parte di cittadini extracomunitari, dall’aria minacciosa, che sbeffeggiavano, senza biglietto, un controllore sudaticcio e impaurito. Ora aggiungete che la descrizione della scena recava una foto furtiva che ritraeva uno dei soggetti in questione e che veniva lanciata in rete qualche ora dopo l’aggressione al capotreno di Trenord. Ci sono tutti gli ingredienti per avere un cortocircuito reale/virtuale da sballo. Ho provato ad entrare in questo gioco, sapendo di poterne uscire malconcio, spostando l’attenzione dai tre giovani delinquenti latinoamericani alle dinamiche criminali delle gang latinos.

La riflessione, postata su una pagina fan molto seguita, ha ricevuto 1205 commenti. L’argomento più utilizzato per attaccarmi è stato l’aver pensato che, dietro la descrizione della blogger e sui fatti di Milano, si manifestasse un razzismo, ormai dilagante, ammantato dalla richiesta di maggiore sicurezza contro la criminalità. Vi propongo alcuni commenti: “Le persone per bene che rispettano le regole del vivere civile, benvenute... le altre a casa loro, ne abbiamo già di nostro delinquenti da badare; facendo i falsi perbenisti stiamo lasciando le nostre città in mano alla delinquenza... e la delinquenza non ha etnie; carceri duri e pena di morte per omicidio vedi come si calmano le acque; il razzismo lo sta creando una politica degenerata e ladra, il non rispetto delle regole o Legge, e infine un becero buonismo!!; Siamo l'unico paese che accoglie cani e porci e dobbiamo passare anche per razzisti...; tutta questa gentaglia che viene a delinquere nel nostro paese sapendo che la farà franca e noi o ci chiudiamo in casa dove non siamo neanche più sicuri o ci armiamo e il primo che fa del male a me o alla mia famiglia gli spaccò la testa!!!; questi assassini che vengono dal mare (e non solo) aumentano sempre più, ma le vittime rimaniamo sempre noi. Aumentano anche i buonisti che ci additano a razzisti solo perché chiediamo giustizia; non abbassiamo la guardia altrimenti oltre che africana la nazione italiana finisce in mano anche ai latini americani [sic], ma siamo matti?; Facciamola finita con il buonismo!”. Termino la rassegna con questa chicca: “qui bisogna creare un’altra polizia, parallela alla polizia ufficiale… con licenza di uccidere, composta da poliziotti fuori servizio o andati in pensione da poco, un po’ come fanno gli squadroni della morte in centro-sud America”. Peccato che gli squadroni della morte siano finanziati dai narcotrafficanti. Ma il punto non è questo. L’aver provato a ragionare, senza estremizzare i concetti, ha provocato una replica rabbiosa il cui leitmotiv è “il buonismo becero della sinistra che ha rovinato l’Italia”. Il secondo tema più gettonato è che non esiste il razzismo quando bisogna difendersi dall’assalto di bande di delinquenti stranieri. Quando ho terminato di leggere tutta la sequela degli insulti, che mi aspettavo, ho compreso l’affermazione di Umberto Eco: “I social network hanno dato parola a legioni di imbecilli”. Poi ho pensato che la mia era una scusa per non affrontare la realtà: il nostro paese è antropologicamente mutato e gli “itagliani” sono ormai relegati in una “Terra di mezzo”, per dirla con Carminati (altro che Tolkien e il “Signore degli anelli”, roba da fanciulli), sospesi tra globalizzazione ed emarginazione, rinchiusi in una sfera di conflitti e paure ma anche di resistenza e reazioni. Siamo diventati la nazione in cui viene fatto il “lavoro sporco” a favore del “mondo di sopra” e ai danni di quelli “di sotto”, il crocevia fra attività e soggetti legali e illegali con la sgradevole sensazione di essere schiacciati, da un lato, dalle violenze globali, che esplodono non lontano da noi, e, dall’altro, dai fatti criminali locali. A cui si aggiunge la crisi dell’Occidentalismo, mascherata dalla depressione economica. Secondo voi per chi votano (se votano) gli autori di questi commenti? E vorrei chiedergli se ancora ritengono di potersi definire, come spesso è accaduto, cattolici in quanto italiani. A quanto potrebbero rispondere affermativamente alla domanda consiglio di leggere un passaggio dell’Enciclica di Papa Francesco: i media digitali, “quando diventano onnipresenti, non favoriscono lo sviluppo di una capacità di vivere con sapienza, di pensare in profondità, di amare con generosità”. Ma si sa il papa deve è buonista per definizione.