Salerno, "modello" da rivedere?

Vestuti 1Non sappiamo né come né quando, ma alcuni segnali arrivati ultimamente dicono chiaro e tondo che  il modello-Salerno da esportazione necessita quanto meno di una revisione. Nulla di eclatante, ma indizi che lasciano capire come dentro e fuori il perimetro urbano quello che vi accade cominci ad essere valutato nel merito. Partiamo dalla notizia data ieri direttamente dal sindaco nella  consueta trasmissione televisiva del venerdì. La Corte dei conti ha chiesto al Comune di restituire all’Erario 16 milioni di euro, per somme erogate senza ragione ai dipendenti comunali nell’arco di 15 anni. Un salario accessorio configurato – pare - come indennità di disagio. I dipendenti – per l’organo di giustizia contabile – avrebbero percepito qualche centinaia di euro al mese in più  assolutamente non dovuti, ancorché riconosciute dal contratto integrativo. Come però sia potuto accadere che trovassero spazio nella contrattazione collettiva nessuno lo sa. E a quanto pare nessuno chiede di saperlo. Così venerdì la città ha assistito a un rarissimo (se non unico) sciopero generale dei dipendenti comunali in epoca deluchiana. Passa qualche ora dalla “rivelazione” televisiva e nella seduta pomeridiana del Consiglio comunale – grazie all’intervento diretto del sindaco nella discussione – viene dato il via libera alla riqualificazione di Piazza Casalbore e annesso Vestuti, escludendo che essa possa includere l’abbattimento della curva sud riguardo al quale la tifoseria granata si era allertata minacciando aperta ostilità. E visto che i tifosi – a differenza di Italia Nostra e dei comitatini che si oppongono al Crescent - sono cittadini di serie A, la curva è salva. E ad essere abbattuto sarà il palazzo virtuale che nel progetto iniziale avrebbe dovuto  sostituirla. Vuoi vedere che l’opposizione al Crescent avrebbe avuto miglior destino se ad  occuparsene fosse stata l’artiglieria granata dei club cittadini piuttosto che i pepati argomenti e fatti addotti dai legali degli ambientalisti? Potenza di Eupalla, avrebbe detto quel vate del calcio che fu Gianni Brera. E proprio in tema Crescent sono partiti (meglio tardi che mai) due siluri all’indirizzo del “modello-Salerno”. Il primo da parte di Salvatore Settis, un nume tutelare nel campo dei Beni culturali. Soprattutto a sinistra, in quella sinistra però che sa cos’è di destra. Il professore, rimediando al silenzio che si era imposto un paio d’anni fa da Fabio Fazio, quando fu invitato dal presidente del Comitato No Crescent a pronunciarsi sul progetto, ha scritto il 21 maggio su Repubblica questa epigrafe, in un commento dal titolo “cemento, abusi e condoni: le tentazioni del governo”, in cui ha fatto un po’ di nomi della nazional progenie che nei confronti dei beni artistici e paesaggistici ‘non si cura di lor ma guarda e passa’: “Vincenzo De Luca come sindaco di Salerno ha voluto il cosiddetto Crescent o “Colosseo di Salerno”, 100 mila metri cubi di edilizia privata in area demaniale che cancellano la spiaggia e i platani secolari: come negargli il posto di viceministro alle Infrastrutture?”.  Solo due giorni dopo, anche Rino Mele, docente universitario di Storia del Teatro, fine intellettuale noto e apprezzato in città, scriveva su Cronache del salernitano sullo stesso tema: “stiamo assistendo a una mutazione urbanistica di enorme importanza. I nipoti dei nostri nipoti si chiederanno: “Come hanno vissuto quel periodo, quel tempo di trasformazione, i nostri nonni? Noi non potremo rispondere, avremo un crudele silenzio nella calce della nostra bocca, e loro non sapranno immaginare l’indifferenza, la sovrana distrazione, il sonno col quale abbiamo guardato il trasformarsi della nostra casa comune, la città opulenta, bella di mare e verde di collina. (Avremmo dovuto essene protagonisti ma eravamo soltanto ospiti). Ospiti? O sudditi, caro Rino?