Relazioni pericolose a Salerno

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Martedì è stata pubblicata una notizia che a Salerno non può passare inosservata. Il collaboratore di giustizia Ciro De Simone, nell’ambito della ricostruzione delle vicende criminali del biennio 2005/2007, oltre ad indicare le circostanze che hanno condotto agli omicidi di Esposito, Petrone e Stellato ha tirato in ballo un commercialista con cui avrebbe realizzato delle truffe ai danni di istituti finanziari. Grazie alla consulenza del fiscalista è riuscito ad ottenere prestiti per acquistare partite di droga. Un gioco alla rovescia: invece di utilizzare il denaro sporco per infiltrarsi nell’economia legale si è utilizzato un credito legale per competere sul mercato della droga. Ha, inoltre, parlato di un avvocato civilista, consumatore incallito di cocaina e ludopatico cronico, e di un dentista colluso che forniva la lidocaina per tagliare la coca in cambio di un’attenzione sull’acquisto degli stupefacenti. Come da prassi gli inquirenti dovranno verificare l’attendibilità delle dichiarazioni. In ogni caso, emerge in tutta la sua consistenza la zona grigia dei professionisti insospettabili. Il nesso di collegamento è la cocaina, la droga fantasma. Negli anni ottanta un tossicodipendente lo riconoscevi guardandolo in faccia. L’eroina lo annientava riducendolo ad una larva rinsecchita: i capelli si imbiancavano, i denti cadevano, la pelle si squamava fino spaccarsi e sul corpo apparivano delle noiose pustole. Il tossicodipendente era fisicamente repellente e quindi allontanato dalla società; un drop out costretto a delinquere per sopravvivere perché nessuno, in quelle condizioni, gli avrebbe offerto un lavoro. Un cocainomane, invece, non lo individui. La sostanza ti consuma dentro, ti liquefa il cervello lentamente dandoti, per lungo tempo, la sensazione di poter dominare ogni tipo di situazione soggetta a stress fisico o psicologico. Anzi, la cocaina, per chi usa diversi tipi di stupefacenti, è quasi un toccasana perché ti aiuta a riprenderti dalla fase down dei prodotti chimici. Non c’è una classe sociale più esposta al fenomeno rispetto ad un’altra. L’eroina colpiva soprattutto le giovani generazioni dei ceti medio bassi, la coca, al contrario, la usa chi conduce una vita normalissima o di successo, persone che hanno una reputazione da difendere perché hanno una famiglia, una posizione, un lavoro.

Questa trasversalità sociale ha allargato enormemente il mercato aprendolo a soggetti che sfuggono al controllo della repressione. C’è il libero professionista che la usa prima di un impegno particolarmente delicato, l’infermiere che l’assume per restare sveglio nei turni di notte, il camionista che ha bisogno di tenere gli occhi aperti in autostrada, il barista che è costretto a stare dietro il bancone per sedici ore al giorno, lo studente universitario che vuole memorizzare i testi per l’esame, il politico che necessita della spinta giusta per osare, il manager che deve raggiungere l’obiettivo aziendale, il commerciante che la tira per sentirsi superiore, l’imprenditore che la divide con gli amici in serate speciali e persino il disoccupato che non ha altro da fare. La notevole diminuzione del prezzo l’ha resa accessibile a tutti. Ma nessuno di questi andrebbe a comprare la dose dal pusher che presidia il territorio. Troppo rischioso soprattutto se si ha un ruolo con valenza pubblica. E allora come si fa? Semplice, si passa dallo spaccio in strada a quello door to door. Basta inviare una mail, un sms o se non si vuole essere intercettati un messaggio su WhatsApp o sul messanger di Facebook (questi due sistemi hanno gli algoritmi crittografati). La roba viene consegnata a domicilio da uno spacciatore o da un uomo dell’organizzazione. Così mondi distanti dalla camorra entrano in contatto con i clan. Da questo iniziale approccio si può costruire una relazione. Nel caso in questione il commercialista o il dentista hanno messo a disposizione del clan la loro esperienza professionale e la conoscenza di alcuni aspetti tecnici. Perché? Per un motivo di convenienza. Se all’inizio il rapporto è quello tra venditore e acquirente con il passare del tempo, come in ogni settore commerciale, si realizza una fidelizzazione che rafforza la funzione del colletto bianco all’interno dello scambio. Il prezzo e la quantità della merce varia a seconda dei servizi offerti in cambio. È nella logica del consumatore viziato poter compensare parte delle spese con attività collusive intorno alle quali si stabiliscono relazioni sinallagmatiche. Anche se le dichiarazioni del collaboratore di giustizia non saranno confermate siamo di fronte ad un quadro indiziario in cui si evidenzia, per la prima volta anche a Salerno, un sistema relazionale che connette, attraverso la droga, criminalità organizzata e liberi professionisti collusi ma non camorristi. Una rete di rapporti che genera capitale sociale negativo: lo scambio avviene sulla base della fiducia reciproca all’interno di una convergenza culturale, ossia alla diffusione, nelle dinamiche del traffico di stupefacenti, di culture “compatibili con” od “ospitali verso” l’affarismo mafioso.