Quel che resta della sinistra

podemosL’altra sera alla presentazione del candidato regionale di Sel, Salvatore Vozza, oltre ai vigili, arrivati a fare le multe a tarda sera, c’era al Centro Sociale di Pastena mezzo mondo della vecchia sinistra salernitana, quelli che non sono più “amici”, per scelta, per ribellione o per altre ragioni che li hanno spinti a mollare i posti di potere che per qualche tempo hanno occupato.  Divisa tra passato e presente, sarebbe facile bollare oggi quel che resta della sinistra come una classe politica troppo compromessa per potersi più rinnovare o  permettersi – come nel caso recente di Bassolino -  di lanciare urla di dolore. L’entusiasmo generato dalla parola “rottamazione” veniva fuori proprio da questa illusione, liberarsi d'emblée di una politica collusa che oggi trova i suoi simboli nei forzieri opachi delle Fondazioni o nelle regalìe dei giganti emiliani della cooperazione. Potrebbe quindi sembrare questo il nodo: una mancata e incompleta “rottamazione” da cui le  “degenerazioni” del “renzismo territoriale”. Ma non è proprio così; Renzi esprime un partito toscano capace di rinnovarsi con una giovane generazione di funzionari rampanti che in quelle terre si sono impadroniti da anni di tutti i gangli del potere, dalle grandi banche fino all’ultimo dei teatrini della provincia e la parolina magica ha in gran parte riguardato un cambio dei nomi in “ditta” e di stile, dai padroni vecchi  ai padroncini più giovani, veloci e carini. Quanto sta allora avvenendo in Campania  potrebbe essere quasi positivo, il petardo che scoppia tra le gambe e la contraddizione che fa saltare gli equilibri  nazionali. Perché se oggi la sinistra fa tristezza, come dice l’ex governatore, oltre al fatto che qualche responsabilità ce l’ha pure lui che ha governato Napoli e la regione per un ventennio, il problema è tutto loro. In un bel dramma di Arthur Miller del ‘47,  si racconta la storia del magnate Joe Keller che durante la guerra si è arricchito con pezzi di aereo difettosi che hanno causato la morte di ventuno piloti: si racconta della colpa e della responsabilità. Keller se la cava ai danni del suo socio che pagherà anche  per lui per la ricchezza accumulata senza scrupoli a colpi di disonestà, frode, illegalità e menzogna. Con “Erano tutti suoi figli” Miller denuncia lo sgretolamento degli ideali fondanti della società americana, colpevole non solo per i delitti commessi ma perché non si assume mai la responsabilità, convinta che tutto sommato un certo grado di illegalità sia necessario. E’ quindi più che comprensibile l’orrore che provano oggi vecchi “compagni” come Bassolino a vedere i propri figli malati di “renzismo territoriale” ma forse dovrebbero anche assumersene in toto la responsabilità cominciando col dire qual è il grado di illegalità che si è disposti a tollerare a cominciare dai candidati messi in campo.  Perché il problema non è solo o non più una “questione morale”. Laddove  in altri paesi la politica esce di scena non per reati commessi o presunti ma anche per un solo comportamento illegittimo,  troviamo società che funzionano meglio perché l’etica della responsabilità, anche solo formale, risponde più allo scopo del benessere collettivo. E’ l’affermazione di un principio pratico: se la società si degenera non c’è governo, se c’è la corruzione salta l’economia, se i governanti non rispettano la legge c’è la barbarie e in una regione come la Campania la barbarie non è che ci manca. Candidare o tollerare persone indagate, inquisite, condannate o solo circondate dal sospetto significa lasciare che  l’illegalità diventi un contagio, che assuma i contorni di una assoluta normalità. I toni alti di alcuni candidati, la sfrontatezza con cui si aggirano le regole, la gara di “menefrego” lanciata dai sindaci,  hanno finito col mutare la prospettiva, suscitando in alcuni quasi ammirazione, un lasciapassare ai tanti piccoli o grandi illeciti quotidiani. Ed è quasi peggio di quel che successe con Berlusconi con la “Casa delle libertà”. Ecco che allora i richiami che arrivano da più parti, l’”uscita di emergenza”  indicata da una parte minoritaria della sinistra, gli editoriali che stanno uscendo copiosi in questi giorni sulla stampa regionale, sono l’espressione di un autentico disagio, una reazione sana che non si può leggere come mera logica opportunista di schieramenti. Chi oggi  esprime questo disagio è forse uscito definitivamente dal passato e vuole occuparsi seriamente del presente; ma per poter parlare ancora ad un’area di sinistra sperando che qualcuno lo ascolti,  non basta lamentarsi, bisogna indicare a voce alta,  come ha fatto Casson a Venezia, qui e ora e non in Spagna, se “Podemos” o no, sperare in una regione migliore.