Quando rimasero soli

377637_4576081203856_411795689_nDa giornalista a scrittrice il passo può essere breve. Nel suo caso è stato così.
32 anni, curiosa e schietta per temperamento, Michela Giordano è l'autrice di 'Quando rimasero soli', l'attenta ricostruzione di due delitti di mafia sulla base sia della documentazione storico-giudiziaria dell’iter processuale che ha portato alla condanna di esecutori e mandanti che dei ricordi dei familiari.
Vive attualmente a Pagani dopo aver a lungo girovagato per via degli impegni del marito ufficiale della GdF. Impegnata da anni nel giornalismo televisivo e della carta stampata, Michela si definisce senza mezzi termini una 'scritturadipendente'. "Scrivo quando sono arrabbiata, quando mi capita qualcosa di bello o quando sono triste - mi racconta -. Scrivo ovunque, su pezzetti di carta, block notes, pc. Poi, ogni tanto, metto ordine nei miei appunti. E conservo tutto".
Qual è stata la molla che ti ha spinto a scrivere un libro e su un argomento così delicato come i delitti di mafia - le chiedo - ?
"Anni fa ho seguito una fiction su Paolo Borsellino. Mi colpì la ricostruzione dell’omicidio di un giovane ufficiale dei Carabinieri, avvenuto a Monreale, nel 1980, durante la festa del paese. Il Capitano Emanuele Basile passeggiava con la moglie accanto e la figlia di pochi anni tra le braccia. Il coinvolgimento personale fu fortissimo perché quello era il periodo in cui frequentavo il mio attuale mio marito. Razionalmente so che certi pericoli non li corre, ma in quel momento mi sono ritrovata ad identificarmi emotivamente con quella moglie e a pensare che quella bambina avrebbe potuto essere mia figlia. Quando, tempo dopo, ho interrotto per tre anni la mia attività lavorativa, ho attinto da quelle emozioni e da quella storia per riprendere il sogno da sempre coltivato di scrivere un libro. Ho raccolto le fonti nell’archivio del comando generale dei Carabinieri per 2 anni prima della stesura e ho scoperto che il successore del Capitano Basile alla guida della Compagnia Carabinieri di Monreale, Mario D’Aleo, era stato lui pure, nel 1983, ucciso barbaramente dalla mafia a Palermo, sotto casa della findanzata, insieme ai due carabinieri che gli facevano da scorta. E’ stato inevitabile estendere la mia ricerca anche alla sua storia. Poi ho contattato le famiglie dei due capitani e confesso che la loro frequentazione ha rappresentato per me il vero privilegio di questa avventura. Mi hanno accolta con semplicità ed emozione, dividendo con me ricordi personalissimi e dolorosi. Abbiamo scelto insieme le foto da inserire nel libro la cui bozza finale è andata in stampa solo dopo essere stata da loro approvata. Le edizioni Paoline hanno visto nelle figure dei capitani due esempi di santità laica ai quali offrire la chance di essere conosciuti da un pubblico ampio".
Quasi pronta ad un nuovo appuntamento narrativo - il suo libro è uscito da un anno con una prima edizione andata esaurita e la ristampa - Michela si ritiene molto appagata sia dalla vita matrimoniale che professionale.
"Sono una donna felice - conclude -. Mi manca solo un figlio….tra un trasloco e l’altro ci stiamo lavorando".