Quando il debito è sovrano

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Debito è una parola abusata nel circuito mediatico. Si legge e si sente parlare ovunque di debito sovrano, debito pubblico, debito privato delle imprese, dei commercianti e degli artigiani, debito sociale delle famiglie, dei giovani e degli anziani, debito morale della classe dirigente. L’uso è penetrato persino nel linguaggio burocratico: gli studenti irresponsabili un tempo erano semplicemente “ciucci”, oggi sono portatori di un debito formativo. L’indebitamento è ormai parte del costume nazionale, anzi, di più, è una caratteristica precipua del capitalismo occidentale. Perché? Molto probabilmente l’origine della “stagione” del debito è connaturata al passaggio dalla società della produzione di massa alla società dei consumi di massa. Un’immagine efficace può esser data dalla scomparsa della classe operaia. Questa, proprio inseguendo il benessere consumistico, si è ritrovata intruppata in una omologante piccolo borghesia desiderosa di ottenere beni materiali che, fino alla metà del Novecento, erano considerati gli status symbol dei “signori”.

Un altro segnale del cambiamento lo si ritrova nei giornali economici: lo spazio destinato all’industria è stato ridotto a favore di quello dedicato alle analisi finanziarie. In due parole: la fabbrica, con i suoi valori e le sue lotte, è stata sostituita dalla banca, con i suoi interessi e le sue speculazioni. Il protagonismo bancario, negli ultimi trent’anni di neoliberismo, ha stratificato atteggiamenti collettivi patologici. Un esempio per tutti: la diffusione delle carte di credito. Questo piccolo e, per sé, insignificante pezzo di plastica ha consesso il “lusso” di gestire liberamente le gratificazioni personali: “la roba” si può ottenere quando si vuole senza dover necessariamente attendere di aver guadagnato abbastanza. La spesa, così, viene prima del reddito percepito provocando una crescita dei consumi superiore ai tassi di produzione. Dietro questo meccanismo si nasconde la mentalità che ha dato origine ai molteplici processi di precarizzazione sociale: migliorare la nostra condizione subito, rimandando al futuro ogni responsabilità relativa al pagamento del debito. Ci indebitiamo nella vana illusione di accelerare e di avvicinare il soddisfacimento dei bisogni, dei desideri, delle aspirazioni. Ma è proprio questa facilità di soddisfazione che genera un comportamento a dir poco compulsivo: «Vivere a credito – scrive Bauman – dà dipendenza come poche altre droghe… e se per decenni è stata somministrata una droga… quando… cessa di essere disponibile… lo shock e il trauma sono inevitabili». La soluzione? Per mitigare la crisi di astinenza determinata dall’indebitamento globale gli stati nazionali, concordemente, hanno sottratto, attraverso il fisco, risorse collettive ai cittadini, anche i più disagiati, per ricapitalizzare le banche in modo che possano continuare la loro irresponsabile attività di “pusher del credito”. Il debito è sovrano!