Quale futuro per i “numeri primi”?

LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI
Molte volte,guardando per strada o incontrando i giovani di oggi,ma soprattutto vivendo con due figlie oramai adulte,penso che essi siano davvero qualcosa di speciale.Ognuno di loro è un po’ speciale,e come dico tante volte anche ai miei amici ,sono tutti dei numeri “primi”,si badi bene,non numeri “uno”,ma numeri “primi”,come venivano chiamati in un libro di Paolo Giordano,”La solitudine dei numeri primi”,divenuto un cult-book,di questa generazione e forse non solo di questa.Per chi,come me,di matematica non capisce nulla,ricordiamo che nella serie infinita dei numeri naturali, esistono alcuni numeri speciali, i “numeri primi”, divisibili solo per se stessi e per uno. Se ne stanno come tutti gli altri schiacciati tra due numeri, ma hanno qualcosa di strano, si distinguono dagli altri e conservano un alone di seducente mistero che ha catturato l'interesse di generazioni di matematici. Fra questi, esistono poi dei numeri ancora più particolari e affascinanti, gli studiosi li hanno definiti "primi gemelli": sono due numeri primi separati da un unico numero. L'11 e il 13, il 17 e il 19, il 41 e il 43… A mano a mano che si va avanti questi numeri compaiono sempre con minore frequenza, ma, gli studiosi assicurano, anche quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatterà in altri due gemelli, stretti l'uno all'altro nella loro solitudine.Ecco perché,soprattutto di sera, nei fine settimana in cui incontro tanti giovani in locali,pub,ma anche per strada,a cui rivolgo domande per il mio lavoro di giornalista, scorgo nei loro occhi universi implosi, incapaci di aprirsi al mondo che li circonda, di comunicare i pensieri e i sentimenti che affollano i loro abissi. E’ facile dire che questi ragazzi,sono una gioventù “persa”,capaci solo di “esibire” l’ultimo modello di cellulare, “vestirsi” con il capo firmato,o di bere fino allo sconvolgimento, o di non essere capaci di socializzare ,perché sempre alle prese con computer ,smartphone,ecc. ecc. perché fa “trendy”,”social” .In questi ragazzi,fermo restando che alcune cose non vanno fatte e che la prima regola per il vivere sociale è il rispetto delle idee e della libertà altrui,io invece, vedo la rabbia…sì… la rabbia di non essere capiti,da noi..”noi” società sull’orlo di una crisi di valori,se mai ve ne siano ancora.Vedo la loro consapevolezza di essere diversi dalla nostra generazione,e la cosa non fa che accrescere le “barriere” che li separano dal mondo,che noi pensiamo sia quello che viviamo quotidianamente,fatto di ipocrisia, di disagio sociale e familiare, di egocentrismo e incapacità di ascoltare.Loro no, loro sono diversi, sono soli in un modo sordo alle loro difficoltà.La loro “solitudine” viene accentuata da quello che proponiamo noi come società,corruzione,depauperamento dei valori,una politica che pensa a se stessa,dicansi e leggansi “il nulla” e non più al loro futuro.Io non credo siano felici quando vedono cosa stiamo facendo o non facendo per loro,per il loro futuro in questa società,oramai malata, e forse il loro “fuggire” da una realtà in cui essi non si riconoscono,è solo un modo ,forse drammatico, forse disperato di dire o gridarci in faccia :”Ascoltami!..”
E noi sappiamo ascoltarli ? Conosciamo i loro problemi? Abbiamo mai capito veramente chi sono,cosa vogliono,dove vogliono andare? Siamo consapevoli che ognuno di loro è un “numero primo”,con le difficoltà che egli è costretto a vivere tutti i giorni? Non so se lo facciamo, se lo abbiamo mai fatto o se mai lo faremo,ma so per certo che abbiamo perso la capacità di “emozionarci” per loro,per le loro avventure, per le loro disavventure, anche amorose,per i loro percorsi di vita,sociale e personale che,vista la nostra superficialità a guardare oltre il nostro “io”,il cui non “osiamo “avventuraci per non vedere quello che dovremmo vedere ,scoprire e capire.Nel libro “La solitudine dei numeri primi” si mette in evidenza l’inadeguatezza di molti giovani,per un motivo o per un altro a vivere in questo mondo che rivolge loro solo domande e non da quasi mai risposte. A volte basta spostare il punto di osservazione perché un altro universo ci esploda, meravigliosamente, tra le mani,e forse questo universo,guardando l’altra parte del mondo, dalla loro parte,potrebbe aiutarci a scoprire,prima di tutto noi stessi e le nostre "miserie umane",ma soprattutto ,il meraviglioso, unico mondo dei nostri ragazzi, i nostri … “numeri primi “!
Antonio Di Giovanni