Primarie? Meglio ballottaggio

de luca - cozzolino

Sono morti in sequenza Pino Daniele e Francesco Rosi. È come se una furia iconoclasta si fosse abbattuta sugli artisti napoletani che avevano prodotto, con la musica e il cinema, un patrimonio di immagini e suoni distanti dalla consumata e vuota retorica della napoletanità, diventata, come scrive La Capria, napoletaneria. Di generazioni diverse, ma sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda: Rosi, in bianco e nero, aveva dimostrato che “Napule è mille culure”. Soprattutto aveva cercato di raccontare una città che “è tutto nu' suonno e a sape tutto 'o munno. Ma nun sann' a verità”. Oltre il muro dei sogni, delle cartoline oleografiche, del folklore popolare, hanno provato a far emergere il mondo nascosto della marginalità, della povertà, della ricchezza culturale, della criminalità mostrandolo nella sua spontaneità, senza l’artificio del racconto iperbolico. Rosi e Daniele sono quelli che si chiamano riferimenti morali ancor più luminosi se consideriamo lo stato “depressivo” dell’attuale classe dirigente campana. Come al solito la rappresentazione plastica della situazione viene dalla politica, dove si esercita la disputa parolaia dei programmi che promettono di invertire la rotta della rassegnazione: spenderemo di più i fondi europei, i burocrati saranno perseguitati, non saremo più ultimi, lotta alla povertà e alla disoccupazione, sviluppo economico imperniato sulla green economy e così via. Potrei continuare a lungo mettendo in fila altre decine di argomenti che, a destra e a manca, sono gli stessi. I programmi, ahimè, servono a poco poiché sono gli uomini che l’incarnano gli attori principali della sfida per le prossime elezioni regionali. Il personalismo, e dunque il carattere dei singoli competitori, domina la scena da almeno trent’anni (il craxismo non è stato forse l’annuncio del partito personale?) e connoterà la prossima competizione regionale a partire dai candidati del Pd. Con la loro ubiqua presenza hanno già riempito di ego l’intero mondo dell’informazione campana mostrando la faccia e i muscoli degli staff contro uno sbiadito Caldoro.

Il Presidente della Regione non mi pare sia in grado di sostenere una campagna spinta all’esasperazione dal linguaggio volgarmente anodino a cui ci hanno abituato i politici della seconda Repubblica. Ma, intanto, sulla strada dei competitori è caduto il macigno di chi vuol far saltare le primarie (con l’avallo della segreteria nazionale?). Primarie si, primarie no. La mia posizione è nota. Non sono un fautore dello strumento proprio perché affidato al partito e ai suoi dirigenti direttamente coinvolti. Già in questo incipit v’è la ragione della falsificazione dei risultati. Ma vi pare che si candida il sindaco di Salerno e la federazione del Pd non lavorerà per replicare i risultati ottenuti per Renzi? E a Napoli, nelle aree in cui l’europarlamentare è maggiormente radicato, non si farà allo stesso modo? Se ci saranno brogli lo scandalo durerà al massimo 48 ore ma poi tutto tornerà alla normalità visto che nessun organismo di garanzia del partito è talmente autorevole da poter effettuare controlli che, peraltro, rischierebbero di rovinare definitivamente l’immagine del Pd campano come il luogo della legalità flessibile e malleabile. Più che le primarie sarebbe necessario estendere il ballottaggio anche alle elezioni regionali così ognuno sarà libero di candidarsi e al secondo turno realizzare le possibili alleanze di governo. Del resto, ma è solo una mia ipotesi, siamo sicuri che il sindaco di Salerno (ormai alla fine del secondo mandato al quadrato) non abbia intenzione di candidarsi comunque vadano le cose? Anzi l’idea di stoppare le primarie può essere la migliore giustificazione per intraprendere la strada della coalizione civica in cui riunire scontenti, arrabbiati, sbandati, trombati e ambigui ovunque collocati. Ricordate cosa accadde nel 1993? Il Pds non voleva candidare l’attuale primo cittadino, avrebbe preferito un esponente della società civile al segretario del partito molto, troppo, vicino ai socialisti di Carmelo Conte. E allora il nostro mise da parte il vessillo del Pds e si lanciò nella sfida con una lista civica. Alla fine toccò a D’Alema venire a fare la pace a Salerno. Ricapitolando o si fanno le primarie e se ne accetta il risultato, già inficiato in partenza, o si sceglie un candidato talmente autorevole da impedire fughe solitarie o quanto meno in grado di vincere sia contro la destra sia contro eventuali competitori civici pronti a scendere in campo… “ma po’, quanno chiove, l'acqua te 'nfonne e va, tanto l'aria s'adda cagna’”.