Primarie campane del Pd: una valanga di errori

 

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Non bisogna essere menti raffinate per capire (e affermare) che le Primarie campane del Pd, per le quali si dovrebbe votare tra sette giorni, sono state gestite malissimo. Una “valanga di errori”, si direbbe parafrasando l’operazione “Avalanche” degli anglo-americani a Salerno il 9 settembre 1943. Partita male e condotta peggio da tutti i protagonisti della vicenda, compreso il Pd nazionale apparso incapace, finora, di trovare una soluzione autorevole e condivisa. Un primo grave errore è stato quello di legare la celebrazione delle Primarie all’esito di alcuni problemi giudiziari di Vincenzo De Luca, uno dei candidati con maggiori chance. Ma quando quello che si indicava come “il problema” si è chiarito (con la condanna e sospensione per reato di falso e la pronuncia di decadenza dalla carica cumulate dal sindaco di Salerno), e la soluzione del caso sembrava a portata di mano, si è capito che si tornava allo start, perché non era quello il problema. Il “vero” problema era e restava la figura ingombrante “dell’uomo del Monte” (come viene chiamato De Luca per il paese d’origine), un autentico “irregolare” della politica che ha imparato presto e bene a giocare in proprio. Non essendosi mai interessati da vicino (perché non potevano, non sapevano o non volevano?) a quello che lui definisce “’o modell” della sua visione politica impiantata a Salerno e da esportare a Palazzo Santa Lucia, i Democrat sono impacciati a farlo ora. E nessuno se la sente di dirgli chiaro e tondo in faccia che in fondo è questa sua attitudine alla gestione personalistica del potere che lo rende inviso e “unfit” per il ponte di comando della seconda Regione italiana per abitanti. E che è proprio “il modello” di gestione realizzato a Salerno (oggi sotto il riflettori mediatici nazionali per il processo-Crescent, mega progetto edilizio di fronte al mare di Santa Teresa, che doveva diventare il nuovo landmark della città nel mondo, e dove invece lui, suoi assessori e funzionari sono accusati di diversi reati), cioè le sue scelte politiche e il metodo di attuazione (anch’esso discusso e discutibile, per la rabbiosa avversione a qualsiasi tipo di partecipazione critica alle scelte locali) a rendere perplessi. Una fama di buon amministratore, la sua, conquistata miscelando, attraverso una costosa regia dei media dove tutto ha fatto brodo (tivù, giornali, radio, testimonial), cose fatte a racconti di cose a farsi. E un’indubbia abilità comunicativa che trasformava in ologrammi progetti irrealizzabili. Come lo Zenith di Perrault o la nuova antenna-landmark sul Colle Bellaria. Intanto la città “europea” dei primati (veri, presunti o falsi) dopo 20 anni di conducator solitario presenta un bilancio a dir poco “problematico” (come dicono sentenze della Corte dei conti e rilievi del Ministero dell’Economia) che ha indotto a dismettere parte del patrimonio immobiliare e persino la solida Centrale del Latte. Mentre sindaco e amministratori sono stati condannati a risarcire danni erariali per illegittimi riconoscimenti salariali, la tassazione locale  ha scalato le classifiche nazionali, il trasporto urbano è da terzo mondo, la viabilità cittadina (malgrado recenti interventi) è in condizioni penose, e gran parte dei grandi progetti di trasformazione urbana, dal Crescent alla Cittadella Giudiziaria, dalla Lungo Irno alla Stazione marittima di Zaha Hadid sono cantieri aperti e mai chiusi. Si dirà che questi sono problemi di Salerno. Ed è vero. Ma se quello messo a punto da De Luca è un "modello" export, non sarebbe bene che i cittadini campani avessero modo di conoscerlo e giudicarlo, prima di affidarne la riproduzione al sindaco di Salerno? Un Partito (con la P grande) dovrebbe farsi garante dello spessore politico e morale del proprio personale politico. Aspettiamo di vedere se in Campania Renzi lo farà. E come.