Pirrone. Una, dieci, cento, mille verità

Siamo tutti stufi delle verità assolute. Stufi di chi conosce e indica una sola strada, di chi dispensa consigli e insegnamenti, soprattutto su ciò che non conosce. Stufi del verbo unico e immodificabile. Stufi, almeno a parole. Nei fatti, invece, incapaci quasi sempre di farci delle domande, impauriti forse da un approdo inevitabile: ogni affermazione può essere contraddetta da un’altra con uguale ragione della prima.All’improvviso ci troviamo di fronte all’impossibilità di conoscere le cose nella loro intima natura. Si chiama acatalepsia. L’ha praticata e insegnata prima di tutti il filosofo greco Pirrone. L’abbiamo dimenticato tutti. Il concetto di partenza è semplice, ma dirompente: il fatto che sia impossibile la conoscenza anche riguardo alla nostra stessa ignoranza o dubbio, dovrebbe indurre l’uomo saggio ad evitare qualsiasi eccessiva propensione o partecipazione per una attività particolare, e praticare il controllo sulle emozioni che non hanno fondamento nella realtà. In particolare Pirrone - data di nascita incerta, fra il 365 e il 360 avanti Cristo; data di morte 275  –  era convinto dell'illusorietà di ogni esperienza e di lui si narra un aneddoto: una volta, durante una tempesta in cui incappò la nave su cui stava viaggiando, additò a modello di serenità filosofica un porcellino che, incurante degli avvenimenti, mangiava la sua porzione di orzo.

 

Al di là degli aneddoti, tre domande suggeriva Pirrone di porsi a proposito di ciò che ci circonda: cosa sono le cose;  come siamo legati ad esse; qual è l’atteggiamento nei loro confronti. E tre risposte si dava sulla via della saggezza. Prima domanda: di cosa sono le cose, possiamo solo rispondere che non sappiamo nulla, sappiamo solo come ci appaiono, ma sulla loro essenza intrinseca siamo ignoranti. Seconda domanda: ognuno è legato in modo diverso alla stessa cosa, che infatti appare differentemente a persone differenti, e persino tra i saggi c’è diversità di opinioni, a dimostrazione che è impossibile sapere quale opinione è corretta. Dunque possiamo avere opinioni, ma la certezza e la conoscenza sono impossibili. Terza domanda: il nostro atteggiamento verso le cose non può che essere la completa sospensione del giudizio. Non possiamo essere certi di nulla, neanche delle affermazioni più banali.

 

Dunque nessuna proposizione può essere conosciuta come migliore di un’altra ed ecco allora l’atteggiamento di sospensione dell'intelletto. La conclusione di Pirrone è  che, dato che nulla può essere conosciuto, l'unico atteggiamento adatto alla vita è l’atarassia, la “libertà dalle preoccupazioni”. E ciò che possiamo ricavarne noi, è che nessuna verità è assoluta, neanche quella che state leggendo, naturalmente. E dunque che non dovrebbe essere difficile smascherare i falsi “possessori della verità” ed evitare di farsi incantare.