Parigi e ancora Parigi

Vi ricordate il chitarrista ubriacone e donnaiolo di Accordi e disaccordi, la pellicola firmata da Woody Allen? Il personaggio è ispirato a Djando Reinhardt, una figura maudit e borderline che forse più di altre sembra rivivere all'interno del Musee de la Musique. Nei duemila metri quadri ritagliati nel cuore di Parc de la Villette, vivono come per magia la chitarra tartaruga e l'ottobasso, il flauto di cristallo ed un migliaio di strumenti musicali più o meno rari, che dal 1600 ai nostri giorni, hanno caratterizzato il pentagramma occidentale e non solo. Alcuni di questi sono per l'appunto appartenuti a Django Reinhardt, Frederic Chopin o Frank Zappa e sembra proprio di riuscire a guardarli negli occhi, tra i vapori dell'alba, in quello che è un viaggio sonoro appassionante e soprattutto adatto a visitatori di tutte le età (le audioguide hanno anche un programma appositamente dedicato ai più piccoli). Il Museo della Musica è una "chicca" dell'altra Parigi, quella meno voluttuosa e turistica, nella quale probabilmente non metterete piede al vostro debutto in terra francese (le attrazioni, ammettiamolo, sono troppe) a meno che non siate allievi del Conservatorio. Ma la tappa non lascerà delusi, perché l'atmosfera che si respira nel padiglione dove l'architettura fa da proscenio al suono, è di quelle destinate a restare a lungo impresse nella memoria. Lo stesso dicasi per la Maison Europeenne de la Photographie, un'antica villa riattata sapientemente per accogliere retrospettive elitarie (come quella dedicata a Martine Barrat o l'ultima che ha visto protagonisti gli artisti di casa nostra Antonio Biasucci e Mimmo Paladino) e i lavori di giovani artisti emergenti. Situati nel cuore di uno dei più struggenti e strepitosi quartieri parigini, il Marais, il museo della fotografia è una buona tappa per addentrarsi poi alla scoperta di un lato "francesissimo" della città della Torre Eiffel, fatto di palazzi in stile liberty, antiche corti, hotellerie, splendidi quanto inavvicinabili negozi di antiquariato e di abbigliamento vintage, ma anche piazze e mercati (come il celebre Marchè des Enfants Rouges che accoglie un eccezionale rivenditore di fotografie d'epoca) dove le tracce della presenza ebraica si fondono ai fermenti mutietnici tipici della Capitale. E ancora, dopo esservi smarriti tra Louvre, Museo d'Orsay, Petit e Grand Palais, prima del famigerato scatto alle falde della Torre di ferro del VII arrondissement, è preziosa ed irrinunciabile - specie per gli amanti dell'architettura - la sosta al Quay Branly. Fortemente voluto da Jacques Chirac, lo spazio espositivo firmato da Jean Nouvel che si affaccia sfrontato sulla Senna, è stato inaugurato nel 2006. Trecentomila pezzi per raccontare la civiltà primitiva di Africa, Asia, Oceania ed America, dislocati sulle "ceneri" del fu ministero per il Commercio estero, resi unici da un gioco di luci ed ombre che ne fanno una macchina teatrale dalla portentosa potenza scenografica. Dentro, la celebrazione della conquista e del rito misterico. Fuori, un muro vegetale che fa del museo un'area ecosostenibile capace di celebrare il sublime matrimonio tra ambiente e desig. Parigi e ancora Parigi. Perché come una dark lady che ama incipriarsi il naso e lasciare la scia di Chanel numero 5, non si lascia scoprire al primo colpo. E forse, neppure al secondo ed al terzo...