Palazzo Fruscione, l'eredità culturale di una città europea

fruscioneFruscione è l’ultimo. Il più bello con quelle tarsie grigie di tufo impresse sulla facciata;  quello che più colpisce il nostro immaginario perché rappresenta l’anima profonda della città, l’anima longobarda con i suoi principi, le medichesse  e le guerre intestine di mezza Europa.  Guardare dalle sue finestre l’altro splendore di San Pietro a Corte, affacciarsi sui frammenti di pavimenti delle antiche terme, è come sporgersi su una vertigine di secoli. Palazzo Fruscione è solo l’ultimo di una lunga catena di “restituzioni”,  dal complesso di San Lorenzo a Santa Sofia alla chiesetta dell’Apollonia fino a siti di epoca più tarda come Palazzo Genovesi o l’Ave Gratia Plena, Villa Carrara; gioielli  salernitani legati a nomi di principati e di grandi famiglie, a culti e monasteri cristiani e paleocristiani, a conservatori “per fanciulle pericolanti”. Una intensa storia  scaturisce dai vicoli e dalle viscere della nostra piccola città; si impone con la sua nobiltà sotto il degrado contemporaneo, si lega alle vicende di quella longobardia minor che oggi ci pare un'epopea gigantesca.Un’ opera di risanamento notevole avviata grazie agli obiettivi europei  e in gran parte ancora incompiuta, alla quale non si può non aggiungere qualche interrogativo sulle destinazioni e sui progetti di questi spazi. Molti di essi infatti,  dopo le festose inaugurazioni e le aperture alla città, finiscono col restare patrimonio degli enti, dati magari in affitto o lasciati  in decadenza (è il caso di Santa Sofia) santa sofiama sempre gelosamente conservati  "in proprio", come se fossero beni privati di famiglia o, se occorre, venduti per fare cassa (come Palazzo san Massimo o Convento di San Michele, procedure al momento ferme) . E il risultato è che essi finiscono con l’essere dimenticati dai cittadini, poco fruiti, nei casi migliori buoni per  turisti di passaggio  per saltuarie ed effimere manifestazioni. Eppure forme di riutilizzo sociale di spazi della città  sono ormai pratica consueta.  Il rapporto pubblico-privato ridisegna in senso migliore la sfera cittadina. In molte città italiane anche di piccola e media dimensione esistono luoghi che dopo il restauro sono diventati spazi di arte contemporanea (il CeSAC, di Caraglio Cuneo; il GAM, Torino, GAMeC, Bergamo, Kunst Merano, Maga, Gallarate, Mambo Bologna, MAN Nuoro, MART di Trento e Rovereto; MUSEION Bolzano; MUSMA, Matera); vecchi insediamenti industriali sono stati aperti  agli artisti o affidati come residenze creative come è accaduto in regioni del nord o in Puglia e in Sicilia.  Per molti di essi, si attrezzano bandi di affidamento e di gestione a evidenza pubblica con mandati a tempo. In alcuni casi gli enti pubblici risparmiano, magari rinunciando agli affitti in cambio del risanamento (come è accaduto con il favorito COS per il Teatro delle Arti). Il problema  non riguarda solo il Comune. Nelle more di vicine e lontane abolizioni,  salvo qualche sporadica schermaglia con il Comune  giusto così per far vedere, la Provincia se ne sta acquattata e silenziosa a gestire fondi  cospicui da una cassaforte blindata, per nulla trasparente, gestendo siti museali di notevole entità o attività di spettacolo a totale discrezionalità né la famosa crisi di cui tanto si parla pare aver toccato più di tanto gli assetti finanziari interni (circa 5 milioni di dotazioni tra beni culturali e attività di spettacolo come risulta dal piano di gestione del 2012, documento reperibile sul web). Alla disponibilità di fondi, siti eventi e iniziative, non corrisponde alcuna procedura di evidenza pubblica ma soprattutto una carente strategia   di sviluppo economico. Si pensi ai grandi marchi di omeopatia o fitoterapia che potrebbero essere associati come partner alla nostra Scuola Medica salernitana. Per l’omonima fondazione, nata nel 2007, a parte la gestione dei beni, risultano sporadiche attività; i lavori al Complesso San Nicola dove dovrebbe avere sede definitiva la Fondazione e il prestigioso Istituto di ricerche biomediche diretto da Alessio Fasano, sono in corso. Eppure la Scuola Medica, dove in questi anni si sono avvicendati presidenti, direttori, e nominati vari, è uno dei capisaldi della nostra storia cittadina. Così, per fare un altro esempio,  la bellissima Torre di Cetara, museo vivo di Marano,  tanto viva non è, con una mostra dopo l'inaugurazione e un sito web ancora provvisorio dopo mesi. Eppure potrebbero essere coinvolti giovani, stagisti, tirocinanti; aprire ad artisti emergenti; svolgere attività di formazione. Insomma, al varo si lanciano grandi idee,  poi tutto viene coperto da una coltre appiccicosa di opacità,  di manifestazioni semi private, dove  mediocri curatori, artisti della domenica, dilettanti allo sbaraglio si fanno iniziative in proprio che non servono a nessuno, mentre le personalità  vere sono giustamente fuggite altrove. Palazzo Fruscione, tra le più prestigiose opere della città, meriterebbe un destino diverso: fare da capofila ad una totale inversione di rotta  rispetto alle consuete asfittiche logiche, cui far seguire a ruota tutti gli altri siti, pensando ad un  "faro della cultura", se non altro per essere degni della nostra storia illustre.

Nelle foto, parte della facciata di Palazzo Fruscione; Chiesa di Santa Sofia