Ostracismo. La dittatura della "gente"

Mettiamola così: l'opinione della maggioranza non sempre combacia con il giusto. E assecondare i gusti della massa, rinunciando alla ragione per la superstizione o l'ignoranza, non rappresenta certo la retta via. Nella vita e nel calcio. Anzi, per l'eterogenesi dei fini si ottengono l'effetto opposto e una sgradita appendice.Effetto opposto: la massa non si eleva. Appendice sgradita: chi la asseconda titillandone gli istinti, si perde a sua volta. E peggioriamo tutti un poco alla volta. Ma ineluttabilmente. E con noi la società (e il calcio).

Una volta bisognerà pur scriverlo o dirlo, insomma, rischiando l'accusa di snobismo: la verità, se esiste da qualche parte, non sta certo nei televoti, nelle menzogne del calcio parlato, nei rituali superstiziosi, nella fame di storiacce da deglutire e digerire alla meno peggio (purché naturalmente non riguardino se stessi). E dunque la domanda è: l'opinione pubblica va assecondata o aiutata a crescere? Dalla quale ne discendono una seconda poi una terza una quarta e giù fino a mille domande che frullano nella testa. E tra queste: perché sui giornali e in tivù si danno solo le cattive notizie? Perché ai giornalisti ma anche ai politici si chiede non l'approfondimento ma l'effettaccio a sorpresa, la donna segata a metà, il coniglio dal cilindro? Perché se la mia squadra subisce un fallo devo gridare “rigore ed espulsione”; e se invece lo commette, devo fingere che era regolare? Vi risponderanno, quasi in massa: la gente vuole questo. Inevitabile corollario: la gente rimanga pure ignorante.

E la mente torna all'ostracismo. Una delle tante trovate nell'Atene di circa duemilacinquecento anni fa, dove si insegnava la democrazia ma dove ugualmente non mancavano situazioni al limite. Ostracismo indica un'istituzione giuridica volta a punire con l'esilio temporaneo di 10 anni coloro che avrebbero potuto rappresentare un pericolo per la città. Era una votazione in cui il nome dell'individuo da esiliare, doveva essere scritto su un coccio di terracotta, detto appunto "ostraka". Un giorno Alcibiade capitò nel foro e mentre notava che la gente stava votando un ostracismo, fu avvicinato da un uomo che, confessandosi analfabeta, gli chiese di scrivere per lui il nome sul coccio. Quando l'uomo disse che il nome da scrivere era Alcibiade, quest'ultimo, sorpreso, gli domandò. Perché vuoi cacciarlo da Atene? «Perché lo dicono gli altri, la gente». Conoscete un manifesto migliore della pericolosità – e spesso dell'insensatezza – del giudizio popolare, al quale pure tutti si genuflettono?

Perché in tivù passano solo inutili fiction (talvolta anche brutte), merda dipinta, lustrini, paillettes, tette e culi? Perché lo vuole la gente.

Perché fa bene il calciatore che simula i crampi per perdere tempo se sta vincendo, e invece è tarantolato se quel tempo è prezioso perché sta perdendo? Perché lo vuole la gente. Perché un allenatore che si chiude con undici calciatori a difesa di un golletto immeritato, è osannato se gli va bene e deriso se invece perde? Perché lo vuole la gente. Perché nell'informazione la banale effrazione di una saracinesca o i danni notturni a un'auto o qualche spintone su un bus o un paio di ceffoni tra adolescenti, valgono più di interventi per riparare le strade, di bandi per costruire nuove case, della realizzazione di parcheggi, di servizi per i disabili? Perché lo vuole la gente.

C'è un'amara verità che la nostra pigrizia mentale mette da parte. Perché i giornali non si vendono più tanto e l'informazione in genere non ha più grande credito? Perché la politica non attira più nessuno? E il calcio sta stufando un po’ tutti? Forse proprio perché lo vuole la gente, nel senso che il padrone al quale abbiamo progressivamente ceduto la nostra libertà, quel padrone che si chiama "la gente", ha finito per diventare una dittatura e ci ha travolti, regalandoci un destino che è l'esatto contrario di quello che prevedevano: a furia di titillare la parte peggiore della pubblica opinione, quella parte peggiore è diventata la più grande ed ha sommerso tutto. In sintesi: se l'informazione e la politica hanno rifiutato di spiegare e orientare la realtà e sono diventate uguali al resto della società, perché la società dovrebbe avere rispetto dell'informazione e della politica? C'è chi ancora oggi addita la "dittatura del proletariato" come un pericolo, e intanto non si accorge di essere diventato schiavo della "dittatura della gente".